Il traffico illecito di
rifiuti pericolosi e radioattivi via mare: l'affondamento sospetto
delle "navi dei veleni"
Il "traffico illecito di rifiuti" consiste in
una qualsiasi spedizione di rifiuti che avvengono senza il consenso delle
autorità competenti interessate (paesi di destinazione e transito), inoltre
in questi casi le movimentazione di rifiuti non sono accompagnate da
corretta documentazione. Il traffico dei rifiuti è un problema che non
interessa solo l'Italia ma molti paesi del mondo, soprattutto quelli in via
di sviluppo (in quanto spesso sono i destinatari finali dei rifiuti stessi)
ed infatti la movimentazione illegale dei rifiuti avviene sia su territorio
nazionale che internazionale.
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Le inchieste e le indagini avviate dalle Procure
negli anni '90
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I traffici internazionali via mare di rifiuti
pericolosi anche radioattivi
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Il monitoraggio della radioattività lungo le
coste della Calabria e Basilicata
(1996-1997)
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Motonave Jolly Rosso - Gli ultimi avvenimenti e l' inchiesta
giornalistica de "L'Espresso"
(giugno 2004)
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Motonave Jolly Rosso - Gli ultimi avvenimenti e l' inchiesta
giornalistica de "L'Espresso"
(settembre e ottobre 2004)
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Dossier "Le navi dei veleni" del WWF e di Legambiente
(settembre
2004)
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L' armatore Ignazio Messina smentisce l'
inchiesta del giornalista Riccardo Bocca de "L'Espresso"
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Intervista a Giorgio Comerio di Marina
Marinetti su "Panorama Economy"
(ottobre 2004)
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Motonave Jolly Rosso - I possibili e
sconcertanti scenari che emergono dall' inchiesta giornalistica de
"L'Espresso"
(dicembre 2004)
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Motonave Jolly Rosso - Nuove anomalie messe in
evidenza da "L'Espresso"
(dicembre 2004)
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Ilaria Alpi e il
traffico di rifiuti e armi
(gennaio 2005)
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Ilaria
Alpi e l' inchiesta della Procura di Reggio Calabria sui traffici
marittimi di rifiuti radioattivi
(febbraio 2005)
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Memoriale di un
boss - Rifiuti tossici e radioattivi in Basilicata?
(giugno 2005)
APPENDICE di
APPROFONDIMENTO >>
A. Le inchieste e le
indagini avviate dalle Procure negli anni '90
Tutto comincia negli anni '90
mediante un esposto del dott. Enrico Fontana (all'epoca un
responsabile dei Centri di Azione Giuridica di Legambiente) presso la
Procura di Reggio Calabria indicante i sospetti del traffico di
rifiuti tossici tra le regioni del nord e la Calabria. Iniziavano le
indagini che venivano affidate al dott. Francesco Neri, sostituto
procuratore presso la Procura della Repubblica della Pretura di Reggio
Calabria.
La grande preparazione del dott. Neri, le informazioni fornite dalla
Legambiente e la presenza di alcune famiglie calabresi consentivano di
tracciare velocemente i primi collegamenti tra le varie regioni e gli
intrecci relativi al traffico dei rifiuti.
Dopo mesi di indagini veniva fuori un quadro inquietante, tanto che i
giornali nazionali, per diverse settimane, parlavano di coste a
rischio e contaminate.
L'inchiesta subiva un brusco arresto, in quanto il Ministero non dava
alla Procura di Reggio Calabria l'autorizzazione ad eseguire una
perizia tecnica sulle navi, che risultavano affondate dinanzi a Capo
Spartivento, in una frattura del terreno, ove la profondità marina era
rilevantissima.
Da voci di corridoio sembrerebbe che
l'indagine avesse raggiunto livelli molto alti e che il traffico si
riferisse a scorie nucleari, oltre che ai rifiuti tossici. In
sostanza, sembrerebbe, che dei calabresi emigrati in Liguria abbiano
cominciato, circa venti anni fa, ad interessarsi di rifiuti e che
nello spazio di pochi anni abbiano costruito una fortuna ingente.
Quando, nella terra ligure i problemi sono diventati tanti, per le
indagini assunte dalla magistratura del luogo, i suddetti personaggi
trasferivano i loro interessi nelle altre regioni del nord Italia,
continuando dapprima il traffico con i rifiuti tossici e poi,
successivamente, interessandosi di quelli nucleari. In tale traffico
venivano individuati anche possibili responsabilità di alcuni governi
europei che affidavano le scorie radioattive ad una società, che si
impegnava alla loro eliminazione tramite l'inserimento di queste in
tubi di acciaio, che poi dovevano essere conficcati - secondo i
contratti - a grandi profondità nel terreno.
Sembrerebbe, invece, che tali scorie venivano consegnate a dei clan
mafiosi che provvedevano a caricarle su delle vecchie navi, con
l'indicazione di trasporto di polvere di marmo, e, dopo una sosta a
Livorno, venivano affondate nel Mediterraneo. L'inchiesta, in
considerazione dei personaggi e delle questioni trattate, venne poi
trasmessa per competenza alla Procura Distrettuale Antimafia.
[1]
La "Commissione monocamerale
d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti" istituita presso la Camera dei
Deputati nella
XII legislatura [15 aprile 1994 - 16 febbraio 1996] ebbe ad occuparsi
del preoccupante fenomeno dei traffici e degli smaltimenti illegali di
scorie e rifiuti radioattivi in mare, nell’ambito di alcune inchieste
avviate dalle procure di Matera, Reggio Calabria e Napoli relative
all’affondamento di navi che si sospetta fossero cariche di scorie e
rifiuti radioattivi, principalmente nel mar Mediterraneo, cui si
accompagnava la consumazione di una serie di truffe alle compagnie
assicurative con la riscossione dei premi previsti per i sinistri
marittimi.
Secondo la ricostruzione offerta dagli organi inquirenti il progetto
prevedeva il lancio dalle navi di penetratori caricati con scorie
radioattive, racchiuse in contenitori di acciaio inossidabile dotati
di sistema sonar (sì da renderli rilevabili ai fini di un eventuale
recupero), che si depositavano sino a 50-80 metri al di sotto del
fondale marino; in alternativa, si affondava la nave con l’intero
carico pericoloso, simulando un affondamento accidentale e lucrando,
così, anche del premio assicurativo.
Nell’ambito del fenomeno che si è descritto, l’inchiesta di
maggiore interesse rimane quella avviata dall’ufficio di procura della
pretura di Reggio Calabria e poi trasmigrata per competenza alla
locale procura distrettuale antimafia [nel 1996], anche in
considerazione degli elementi che essa ha offerto sulle relazioni con
presunti traffici illegali di armi su scala internazionale, che hanno
determinato l’avvio di ulteriori indagini, tuttora pendenti, presso le
procure competenti di Milano e Brescia.
L’indagine calabrese, avviata nel 1994, ha per oggetto alcuni
affondamenti sospetti di navi nel Mediterraneo, al largo delle coste
ioniche calabresi (le cosiddette «navi a perdere», utilizzate per
l’affondamento di rifiuti radioattivi), in particolare quello
della motonave Rigel, che sarebbe affondata il 21 settembre
1987 a 20 miglia da Capo Spartivento.
[xxx]
L’organo inquirente ha prospettato la
partecipazione di clan della ndrangheta a siffatti smaltimenti
illeciti, motivo per cui si è radicata la competenza nell’ufficio
distrettuale.
A prescindere dagli esiti strettamente processuali del procedimento
penale pendente a Reggio Calabria, permane la più viva preoccupazione
per tutta una serie di elementi offerti dalla stessa indagine e dagli
altri dati acquisiti.
Anzitutto, va evidenziato che gli accertamenti condotti dagli
investigatori unitamente all’ANPA, tendenti alla localizzazione e al
recupero della motonave in Rigel, nonché al rilevamento della presenza
dei rifiuti radioattivi in mare, se pure hanno dato esiti infruttuosi
muovevano, però, da coordinate geografiche assai incerte circa il
luogo del presunto affondamento della nave e dalle oggettive
difficoltà delle operazioni di rilevamento della presenza di rifiuti
radioattivi in navi affondate in tratti di mare con fondali
particolarmente profondi. La grande profondità dei fondali marini
esplorati e la loro sconnessione, d’altra parte, vanificavano in
sostanza l’attività di rilevamento con la strumentazione radiometrica,
poiché questa, a causa della pressione marina, avrebbe potuto
individuare la presenza di radioattività solo in prossimità estrema al
relitto.
È evidente che tale incertezza dei dati ha compromesso il percorso
dell’indagine e la correttezza dei suoi esiti, non contribuendo di
certo a fugare seri dubbi sulla natura quantomeno pericolosa del
carico portato dalla Rigel, attese le «strane» circostanze del suo
affondamento e la provenienza di parte del carico che essa portava.
Infatti, secondo i giornali di bordo, la motonave sarebbe affondata a
causa di un’infiltrazione d’acqua nel motore, ma il consulente del PM
ha contestato che ciò solo poteva portare all’affondamento e, tanto
meno, creare una situazione di pericolo tale da giustificare
l’immediato abbandono da parte dell’equipaggio senza l’avvio delle
usuali azioni intese ad ottenere l’intervento di rimorchiatori o altri
mezzi di soccorso per tentare il salvataggio della nave e del suo
carico.
Altro dato particolarmente interessante evidenziato dalla consulenza è
che gran parte delle merci ufficialmente caricate sulla Rigel
proveniva da ditte in difficoltà economica; talune partite erano
rappresentate da merci (materiali – macchinari) fuori produzione o di
recupero per i quali mancava la dovuta congruità tra valore assicurato
e valore effettivo, come del resto dimostrato nel procedimento per
truffa aggravata ai danni delle assicurazioni svoltosi presso il
tribunale della Spezia, che si è concluso con la condanna degli
imputati per avere, appunto, organizzato l’affondamento al fine di
lucrare dei premi assicurativi dal sinistro.
Non può, dunque, escludersi che alcuni caricatori consapevoli abbiano
caricato anche prodotti pericolosi, specie se si tiene conto di alcune
merci particolarmente sospette, che ben avrebbero potuto celare scorie
tossiche. Inquietanti sono, poi, gli elementi di analogia tra
l’affondamento della Rigel ed altri affondamenti di motonavi, che la
consulenza pone in rilievo.
Ben 39, infatti, risultano i casi di affondamento di navi riferiti
al mar Ionio, verificatisi tra il 1979 ed il 1995, dati tratti
dall’archivio STB Italia di Genova e Milano, e da varie compagnie
assicurative, fra cui la Lloyd’s Register of Shipping, sede di Genova.
In particolare, va ricordato l’affondamento della motonave «Barbara»
,avvenuto nei pressi dell’isola Zante il 26 giugno 1982, che presenta
aspetti del tutto simili a quello della Rigel: la nave, che portava un
carico di manganese in fusti (circa 1200 tonnellate), presso l’isola
di Zante pativa una infiltrazione d’acqua nel motore ed il progressivo
allagamento che determinava il suo abbandono da parte dell’equipaggio.
È risultato però che la nave, mentre era ferma nel porto della Spezia,
era stata urtata da un’altra motonave battente bandiera greca, ma –
fatto davvero strano – non era stata avvisata dal comandante né la
locale capitaneria di porto né il Registro italiano navale.
Insomma, il carico di minerali in fusti, la rotta seguita, la
circostanza che a La Spezia non sia stato dato alcun avviso
dell’incidente occorso a tutela degli stessi interessi armatoriali ed
ai fini della convalida della classe della nave, rende la vicenda
certamente sospetta.
Vi è poi la motonave «Rosso», incagliatasi il 14 dicembre 1990
nei pressi di Vibo Valentia ed abbandonata dall’equipaggio, la quale –
quando era ancora denominata «Jolly Rosso» – era stata
utilizzata dal Governo italiano per il trasporto di 2.200 tonnellate
di rifiuti tossici dal Libano alla Spezia; dopo che i rifiuti erano
stati scaricati, la nave veniva bonificata; successivamente l’armatore
ne modificava la denominazione e la metteva in vendita, e subito dopo
si verificava l’incaglio a Vibo Valentia.
Ancora: si rammenti la vicenda relativa all’affondamento della
motonave «Marco Polo», già affrontata dalla precedente
Commissione ed oggetto di indagine da parte della stessa Procura
presso la pretura di Reggio Calabria, verificatosi nel mese di maggio
1993 all’altezza del Canale di Sicilia. In questo caso, si è
riscontrata la presenza di radioattività da torio 234 su campioni di
alghe e materiale ferroso prelevati a seguito del rinvenimento in mare
(nell’aprile 1994), al largo delle coste della Campania, di alcuni
containers persi dalla citata nave.
Notevoli sono le analogie di questo affondamento con quello della
motonave Koraline, avvenuto al largo di Ustica (sono stati,
infatti, rinvenuti anche in questo caso alcuni containers con la
presenza di forti concentrazioni di torio).
Merita ancora segnalare la sparizione della motonave «Nicos 1»
e del suo carico: nel periodo 3 luglio 1985– 16 novembre 1985, mentre
essa caricava nel porto della Spezia, ne veniva arrestato il
comandante e disposto il sequestro conservativo e del carico e della
stessa motonave; quando, infine, riusciva a partire, dichiarava quale
porto di destinazione quello di Lomè (Togo) dove non è mai arrivata,
ed anzi risulta che avrebbe scalato in porti assolutamente fuori rotta
(Cipro, Libano, Grecia). Secondo la documentazione ufficiale, i
caricatori erano rappresentati da alcune ditte italiane per materiali
vari (come legname, contenitori di metallo, macchine per la
lavorazione del legno, sanitari, fotoriproduttori) che erano stati
imballati in containers, gabbie e cartoni. A fronte di siffatte
circostanze quantomeno anomale, si ritiene, invece, che la motonave in
oggetto, una volta sbarcato il carico in Libano e sostituito il
personale di bordo, abbia cambiato denominazione («Haris») per essere
rintracciata in porto greco.
Ancora, l’affondamento della motonave «Alessandro I», avvenuto
il Iº febbraio del 1991 nei pressi di Molfetta, attribuito
dall’autorità marittima ad «imperizia» del Comandante, mentre i dati
tecnici consentirebbero di affermare che la stabilità della nave fosse
tale che essa era predisposta alla possibilità di «ingavonamento» e,
comunque, la causale del sinistro non potrebbe farsi dipendere dalla
sola imperizia del comandante. In ogni caso, la parte più inquinante
del carico portato dalla motonave è stata recuperata.
Ebbene, il numero, la natura e le forti analogie dei casi
interessati al fenomeno delle cd. «navi a perdere» rendono del tutto
probabile l’ipotesi, tuttora non suffragata da idonei riscontri, che
la Rigel e le altre motonavi portassero carichi di merci quantomeno
pericolose, se non di rifiuti radioattivi.
[2]
fonti:
http://www.sosed.it/Cdsole/LugAgo99/E9-799.htm
[1]
http://notes3.senato.it/ODG_PUBL.NSF
/0/f86e432a734df2a74125686c00384d03?OpenDocument
[2]
http://www.regione.basilicata.it/osservatorioambiente
/default.cfm?dir=45&doc=161&fuseaction=doc
[3]
http://www.camera.it/_dati/leg14/lavori/stenografici/sed491/aurg01.htm
[4]
http://www.edilitaly.com/ambiente/rapanpa.htm
+
http://www.sinanet.apat.it/aree/Radiazioni%20ionizzanti
/Radioattivit%C3%A0%20Artificiale/RappCal.asp
[5]
http://www.parlamento.it/parlam/bicam/rifiuti/Sedute/02.htm
[6]
articolo del settimanale cartaceo "L'Espresso" del 10 giugno 2004,
pag.46 e successive ("Una
Nave Rosso Veleno"
di Riccardo Bocca) [7]
articolo del settimanale cartaceo "L'Espresso" del 9 settembre 2004,
pag.34 e successive ("Naufragio radioattivo" di Riccardo Bocca)
[8]
articolo del settimanale cartaceo "L'Espresso" del 16 settembre 2004,
pag.76 e successiva ("Indagini Radioattive" colloquio con Paolo Russo
di Riccardo Bocca)
[9]
articolo del settimanale cartaceo "L'Espresso" del 23 settembre 2004,
pag.76 e successiva ("Nella memoria si è aperta una falla" colloquio
con Gianfranco Messina di Riccardo Bocca)
[10]
articolo del settimanale cartaceo "L'Espresso" del 30 settembre 2004,
pag.74 e successiva ("Il porto delle nebbie" di Riccardo Bocca)
[11]
articolo del settimanale cartaceo "L'Espresso" del 7 ottobre 2004,
pag.79 e successive
("L' ingegnere affossa-scorie"
di Riccardo Bocca) [12]
Dossier "Le navi dei veleni" -
Wwf e Legambiente - 29 settembre 2004 [13]
http://www.agi.it/news.pl?doc=200410011345-2237-R01-CRO-0-PC86&page=0&id=agionline.genova
[14]
articolo del settimanale cartaceo "Panorama Economy"del 14
ottobre 2004, pag.53 e successive
("A me m'ha rovinato Greenpeace"
intervista a Giorgio Comerio di Marina Marinetti)
[15]
articolo del settimanale cartaceo
"L'Espresso" del 16
dicembre 2004, pag.32 e successive ("L' intrigo rosso"
di Riccardo Bocca)
[16]
articolo del settimanale cartaceo
"L'Espresso" del 26
dicembre
2004, pag.78 e successiva ("Naufragio e contagio"
di Riccardo Bocca)
[17]
articolo del settimanale cartaceo
"L'Espresso" del 20
gennaio 2005, pag.46 e successiva ("Il segreto di Ilaria"
di Riccardo Bocca)
[18]
articolo del settimanale cartaceo
"L'Espresso" del 3
febbraio 2005, pag.62 e successiva ("Motonave Rosso e giallo
Ilaria"
di Riccardo Bocca)
[19]
articolo del settimanale cartaceo
"L'Espresso" del 9
giugno 2005, pag.34 e successiva ("Parla un boss - Così lo Stato
pagava la 'ndrangheta per smaltire i rifiuti tossici "
di Riccardo Bocca)
[20]
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