Il
problema delle scorie radioattive in Russia
All'inizio degli anni '90 la Duma (la camera bassa del Parlamento
russo) stabilì fra le altre cose che la Russia non avrebbe più importato
scorie radioattive da altri Paesi. Fu un brutto giorno per il
ministero dell'energia nucleare, il Minatom, che dovette chiedere alla
vicina Finlandia, così come ad altri Paesi intorno, di cercarsi un'altra
discarica per le sue scorie. La Duma creò la propria commissione per
l'ambiente, e presto il governo si dotò di organismi indipendenti per la
valutazione dell'impatto ambientale dei siti industriali, comprese le
centrali nucleari, e il Primo ministro diede vita a un embrione del
Ministero dell'Ambiente. Il vento soffiava a favore degli ambientalisti,
le loro richieste vennero accolte dalla Duma e dal Governo, anche perché
mostravano l'immagine di una Russia nuova, desiderosa di attirare aiuti
internazionali e investimenti in valuta pregiata.
Oggi più di prima la Russia è una bomba nucleare a orologeria. Nessuno
esclude il rischio di un'altra Chernobyl. Nel Guinness dei rifiuti
radioattivi, la Russia può vantare il primato dei tre siti più
contaminati al mondo, Seversk, Mayak e Zheleznogorsk. Gli Stati uniti
non hanno lesinato su aiuti economici e incontri al vertice per cercare
di mettere al sicuro le enormi quantità di plutonio possedute dalla
Russia, come dimostra l'accordo fra il governo russo e quello
statunitense su un programma di cooperazione scientifica da 100
milioni di dollari in cambio dell'impegno russo a non produrre plutonio
con le sue scorie nucleari. Ma i soldi americani non bastano.
Il Minatom, il ministero dell'energia atomica, ha proposto di accogliere
rifiuti radioattivi dall'estero in cambio di soldi. La logica di
questo progetto è che solo così si potrebbe finanziare il risanamento
ambientale di zone come quella di Majak, e la messa in sicurezza dei
siti pericolosi.
Per mettere in pratica questa idea, che farebbe della Russia la più
grande discarica di materiali radioattivi al mondo, il Non-proliferation
Trust, un'organizzazione no-profit americana, si è offerto di garantire
gli standard di sicurezza dei depositi, che accoglierebbero le 15 mila
tonnellate di rifiuti russi più le 10 mila tonnellata "prestate" da
altri Paesi. Stando al progetto, infatti, le scorie verrebbero affidate
alla Russia in prestito, e restituite entro 50 anni, nella speranza che
entro breve la tecnologia riesca a fornire un metodo sostenibile per
smaltire le scorie senza sconvolgere l'ecosistema.
Con 319 voti a favore, 38 contrari e 6 astenuti, il 21 dicembre 1999
la Duma ha accettato l'importazione di rifiuti dell'estero,
cancellando una conquista storica degli ambientalisti russi. [1]
E poco dopo (nel 2001) il ministero dell’Industria Atomica della Russia
ha offerto Mayak come luogo di scarico per scorie e rifiuti radioattivi
provenienti da paesi stranieri. Tutti conoscono Chernobyl, ma pochi
sanno dell'esistenza di altri luoghi anche più contaminati nel vasto
territorio della Russia. Il lago Karachai, situato negli Urali del
Sud, in Russia, fu utilizzato per immagazzinare residui radioattivi
provenienti da esperimenti nucleari e come discarica dei rifiuti liquidi
radioattivi della vicina centrale nucleare di Mayak, attiva per oltre
quaranta anni.
Quando,
dopo il successo americano di Hiroshima e Nagasaki, ebbe inizio il
programma per la creazione di armi nucleari da parte di Stalin, plutonio
e tritio furono prodotti in tre luoghi fortificati, vale a dire in tre
zone della Russia, ognuna delle quali costituita da impianti nucleari e
da città chiuse dove gli abitanti vivevano in relegazione forzata.
Queste città non appaiono nelle mappe geografiche e fino a pochi anni fa
era proibito viaggiare da e verso questi luoghi. Inoltre, solo dal
gennaio del 1991 è stato permesso anche ai visitatori stranieri di poter
accedere ad alcuni di questi luoghi (alcuni, non tutti). Ciascuna di
queste città ha un nome seguito da un numero che indica un indirizzo di
ufficio postale, ma spesso sono conosciute con altri nomi.
Si tratta di Chelyabinsk-40, vicino a Kyshtym; Tomsk-7 in
Siberia, e Dodonovo-27, tra Dodonovo e Krasnoyarsk, sempre in
Siberia.
Il
complesso nucleare noto come Chelyabinsk-40, nella provincia di
Chelyabinsk, sul fianco orientale degli Urali del Sud, è a 15 km a est
della città di Kyshtym, in un’area di circa 90 km2. E' situato in una
regione di laghi (i maggiori sono il Kyzyltash e l’Irtyash) e
attraversato dal fiume Techa. Oltre a Chelyabinsk-40 qui è stata
costruita anche Chelyabinsk-65, zona militare-industriale e di
forza-lavoro. Nel 1955, subito dopo l’apertura del Lawrence Livermore
National Laboratory negli Stati Uniti, fu costruita un’altra città
conosciuta come Chelyabinsk-70, laboratorio di esperimenti fisici
collegati alla produzione di Chelyabinsk-40.
Chelyabinsk-40 è meglio noto come Mayak (parola che significa
faro): fu costruito a
partire dal 1945 e reso operativo per la produzione di plutonio già dal
giugno del 1948. La prima bomba atomica sovietica, fatta esplodere
nell’agosto del 1949, giusto in tempo per il settantesimo compleanno di
Stalin, fu costruita utilizzando plutonio prodotto a Mayak.
Tutta la zona che è legata a Mayak è stata definita come la zona più
contaminata del pianeta.
Per oltre sei anni, fino al 1951, scorie liquide radioattive di medio e
alto livello vennero
sistematicamente rilasciate in enormi quantità dalla centrale di Mayak
nel fiume Techa,
l’unica risorsa idrica per i 24 villaggi che si affacciavano lungo il
fiume, esponendo alla
contaminazione radioattiva più di centomila abitanti della zona.
Nel 1951, la radioattività del fiume Techa raggiunse l’oceano Artico,
sebbene il 99%
del materiale radioattivo era depositato nei primi 35 km dalla centrale
di Mayak. Questa scoperta portò ad un cambiamento nella politica della
discarica del materiale radioattivo.
Perciò fu proibito l’uso dell’acqua del fiume e dei suoi affluenti per
uso umano e alcuni
abitanti furono evacuati da quelle zone. Furono costruite dighe e
riserve artificiali in
modo da evitare che la radioattività fosse portata via dalle zone più
contaminate, e gli
scarichi dell’impianto furono rilasciati sempre più nel lago Karachai,
senza sbocchi diretti nell’oceano, piuttosto che nel fiume.
Durante un periodo di secca, il lago Karachai si ritirò parzialmente -
era l’estate del
1967 - lasciando tutto intorno a sè della melma altamente radioattiva
che, dopo essersi seccata, fu portata via dal vento. Dal lago si sollevò
dunque polvere radioattiva che ricoprì un’area di oltre duemila
chilometri quadrati
In termini di radioattività rilasciata durante questi disastri (e per
avere un’idea di
quanto grandi siano stati) facciamo un confronto con il rilascio di
radioattività avvenuto a Chernobyl, o in seguito alla bomba di
Hiroshima. I dati sono in tabella:
1 TBq = 1 TeraBequerel corrisponde a 2.7 × 10−11 Curie (Ci):
Mayak:
rilascio totale di radionuclidi nel lago Karachai |
20.000.000
TBq |
Attività
della bomba su Hiroshima dopo 12 ore dall’esplosione |
5.550.000
TBq |
Presente
attività del lago Karachai |
4.400.000
TBq |
Incidente
di Chernobil del 1986 |
1.850.000
TBq |
Incidente
di Mayak del 1957 |
740.000 TBq |
Scarico di
sostanze radioattive nel fiume Techa |
100.000 TBq |
Polvere
radioattiva sparsa dal lago Karachai nel 1967 |
22 TBq |
Come risultato del deliberato o
accidentale rilascio di materiale radioattivo nell’ambiente circostante,
coloro che lavorano nell’impianto di Mayak e le popolazioni circostanti
sono state esposte ad un totale di radiazioni e di materiale radioattivo
davvero incredibile.
In molti casi, le dosi ricevute sono confrontabili con quelle ricevute
dai superstiti di Hiroshima e Nagasaki. Circa 272.000 persone sono state
esposte a radiazioni di alto livello.
Le risorse idriche per 124.000 persone sono state contaminate con
isotopi radioattivi di alto livello (come plutonio, strozio-90 e
cesio-137).
Una o due volte all’anno, gli abitanti di queste aree colpite dalle
radiazioni erano chiamati per dei controlli medici nel centro di ricerca
degli Urali a Chelyabinsk. Fino agli anni novanta nessuno di loro sapeva
i motivi per cui erano chiamati a questi controlli medici. Il governo,
invece, sapeva che gli incidenti di Mayak avevano esposto gli abitanti
dei villaggi a radiazioni fortemente pericolose e sapevano che ne
stavano pagando le conseguenze, ma, invece di informare gli abitanti,
metteva al corrente dei dati di cui era in possesso centri di ricerca in
Giappone, Stati Uniti, Germania, Francia e Svezia.
Muslyumovo è uno dei villaggi contaminati già dagli anni in cui il
materiale radioattivo
veniva direttamente scaricato nel fiume Techa. Il villaggio non fu mai
evacuato e la maggior parte dei suoi abitanti ha contratto malattie
correlate alle radiazioni. Si trova a circa 40 km da Mayak ed è il
villaggio più contaminato del pianeta: l’acqua del fiume è talmente
radioattiva che i pesci sono scomparsi... Per altri questo posto è unico
per la possibilità di studiare gli effetti delle radiazioni sulla vita
umana nel corso di mezzo secolo...
Le persone che soffrono per la contaminazione non muoiono
necessariamente in tempo brevi, però possono trasmettere geni modificati
a generazioni future... Di tanti aborti spontanei avvenuti a Muslumovo,
quasi tutti sono feti con grosse anomalie.
Anche i divieti di pescare nel fiume Techa o di raccogliere funghi non
sono più tenuti
in considerazione: le mucche continuano a pascolare, la gente raccoglie
funghi e frutta e
se li mangia, pur sapendo che sono contaminati. Il governo aveva
promesso che la zona sarebbe stata bonificata e che entro 30 anni
l’acqua sarebbe stata di nuovo potabile. I 30 anni sono passati e non si
è fatto niente. Queste terre verdi e in apparenza normali devono
aspettare ancora 240.000 anni prima che passi il pericolo del plutonio,
se non si interviene in qualche altro modo prima...
Anche se molti dei reattori di produzione presenti a Mayak non sono più
operativi, Mayak rimane ancora oggi un centro per riprocessare le
scorie atomiche provenienti dalle centrali, dai reattori di ricerca, e
dalla flotta atomica russa. Il plutonio è separato dal combustibile
nucleare spento. Inoltre, Mayak possiede un impianto per il trattamento
delle scorie radioattive con immagazzinamento provvisorio e strutture
per la produzione di combustibile di Ossido Misto (MOX) e per la
vetrificazione di scorie liquide radioattive.
Il riciclaggio e la riconversione delle scorie radioattive sono
operazioni estremamente costose che i russi non sono in grado di
sostenere.
Presumibilmente, a Mayak c’è un crescente accumulo di scorie non
trattate. A Mayak è in costruzione un deposito dove verranno conservate
50 tonnellate di plutonio, estratto dalle testate nucleari russe. La
costruzione del deposito è finanziata dagli Stati Uniti, ma non si
conosce nè la data di ultimazione nè quella di entrata in funzione.
Nel lago Karachai si sta cercando di calare sul fondo blocchi di cemento
per evitare che il vento risollevi la polvere contaminata nei periodi di
secca. Se il materiale radioattivo presente nell’acqua del lago Karachai
raggiungesse il sistema idrico del fiume Irtysh, la contaminazione
potrebbe raggiungere anche l’oceano Artico.
La minaccia di una nuova catastrofe per i cittadini della regione di
Mayak, si è prospettata nel 2001, quando il ministero dell’Industria
Atomica (MINATOM) della Russia ha offerto la centrale di Mayak come
luogo di scarico di scorie e rifiuti radioattivi provenienti da
potenziali clienti come Germania, Gran Bretagna, Svizzera, Spagna,
Giappone, Corea del Sud, Taiwan - con la prospettiva di ricevere 20
milioni di tonnellate di combustibile nucleare esaurito, per un totale
di 20 milardi di dollari.
A fine maggio del 2002, questi piani per il trasporto,
l’immagazzinamento e il riprocessamento del combustibile nucleare
esaurito provenienti da paesi stranieri sono stati respinti dal corpo
regolatore della Russia per la sicurezza nucleare. Come si legge
nella lettera scritta in data 25 maggio 2002, le ragioni sono le
seguenti: le possibilità tecniche che dovrebbero garantire l’appropriata
amministrazione delle scorie radioattive in accordo con le richieste
normative e legislative approvate nel campo dell’uso dell’energia
nucleare, della sicurezza radioattiva per la popolazione e per la
protezione dell’ambiente sono assenti. Manca il necessario
equipaggiamento per il trattamento e la vetrificazione delle scorie
radioattive (gli esperimenti effettuati nella fornace di vetrificazione
sono insoddisfacenti). Tutto ciò rappresenta una conferma
dell’impossibilità di accettare il combustibile nucleare spento dai
paesi stranieri per il loro riprocessamento, senza una modernizzazione
generale dell’impianto di Mayak. [2]
Seversk
è una città della Siberia (Russia), appollaiata sul fiume Tom, 15
chilometri a Nordest di Tomsk. Oggi conta 107.000 abitanti. Fino al 1992
Seversk non esisteva. Non sulle carte geografiche, almeno. Era una
delle città segrete dell'Unione Sovietica. Classificata con una sigla,
Tomsk-7, e accessibile al resto dei cittadini sovietici solo
attraverso una casella postale. Il motivo è che Seversk era stata
scelta, già dal 1949, per ospitare il più grande complesso nucleare del
mondo. Quello che ha realizzato la gran parte delle decine di migliaia
di testate nucleari montate su missili (45.000 delle quali dispiegate
solo nel 1986) che hanno fatto dell'Unione Sovietica, insieme agli Stati
Uniti, una superpotenza atomica.
Il Sibkhimkombinat (Complesso chimico siberiano, dove sono ancor oggi
i due reattori civili superstiti di quello che è stato il più grande
complesso nucleare del mondo ), collocato 15 chilometri a Ovest
della città, era stato inaugurato nel 1954. A regime poteva contare su
cinque reattori nucleari militari, un impianto di separazione chimica,
uno per il riprocessamento dell'uranio e del plutonio, un impianto di
arricchimento dell'uranio e, infine, un sistema di stoccaggio dei
rifiuti nucleari. A Seversk oggi funziona un solo reattore militare. Nel
complesso lavorano ancora 15.000 persone.
I rifiuti solidi, per un totale di 127.000 metri cubi, sono conservati
in un bunker nel sottosuolo, in contenitori con pareti spesse 1,5 metri.
Fino al 1982 i rifiuti liquidi venivano scaricati in due pozzi, B1 e B2,
che coprono un'area di 75.000 metri quadrati. I due pozzi non erano - e
non sono - chiusi in alcun modo. In una ventina di anni vi sono stati
scaricati in totale 280.000 metri cubi di liquidi contenenti isotopi
radioattivi a lunga vita per un totale stimato di 4,6 milioni di TBq
(miliardi di bequerel). Gli animali che si aggirano nei dintorni, è cosa
nota da tempo, sono tutti contaminati. Dal 1982 i rifiuti liquidi
radioattivi vengono depositati in pozzi più attrezzati. In particolare i
rifiuti a basso livello di radioattività vengono pompati in strati di
sabbia posti tra 240 e 290 metri nel sottosuolo; mentre quelli ad alto
livello di radioattività vengono depositati in strati di sabbia
collocati a una profondità di 310-340 metri.
Questi siti ospitano qualcosa come 36
milioni di metri cubi di liquidi radioattivi, per un totale stimato
di 40 milioni di TBq. Solo per fare un paragone, l'intero ammontare dei
rifiuti radioattivi in Italia non supera i 25.000 metri cubi.
E' un dilemma la loro gestione provvisoria. Che, come testimoniano
vecchie indagine e i nuovi rilievi del GAP, è piuttosto lacunosa. Ed è
un'incognita la loro collocazione definitiva. Nessuno a Seversk sa come
contenere la diffusione nell'ambiente delle scorie nucleari. Nessuno sa
quale sarà il loro destino futuro. Nessuno sa, in tutta la Russia, qual
è la quantità delle scorie nucleari disseminate nell'ambiente in 40 anni
di guerra fredda. E nessuno sa come minimizzare i rischi e riparare i
danni prodotti dalle scorie della guerra fredda. Ma, anche ammesso che
qualcuno sapesse cosa e come fare, nessuno in Russia ha i quattrini per
mettere mano a un'opera che ha dimensioni semplicemente enormi.
[3]
per
approfondire il problema delle scorie radioattive in USA
per
alcune rapide considerazioni di importanti studiosi sul sito di Scanzano
Ionico, sul WIPP
(New Mexico, USA) e sullo Yucca Mountain (Nevada, USA)
fonti:
http://www.verdi.it/document/scorie/9.htm [1]
http://www.dmsa.unipd.it/~mazzia/lavori/seminario.pdf [2]
http://www.kontrokultura.org/archivio2001/scorie_nucleari/resti_guerra_fredda.html
[3]
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