Il documento presente in questa pagina è
la relazione integrale e originale (escluse le appendici finali e
le note a pie' di pagina) effettuata dalla Sogin per la
localizzazione del sito unico nazionale per la raccolta delle scorie
nucleari.
(elaborato PDN RT 002 - Rev. 0
- Pag. totali 114)
per le appendici finali della relazione integrale
e originale effettuata dalla Sogin
per conoscere il parere su tale studio
espresso dal Presidente del C.N.R. - prof. Carlo Rubbia - in Commissione
Ambiente alla Camera dei Deputati in data 25.11.03
STUDIO PER LA
LOCALIZZAZIONE DI UN SITO PER IL DEPOSITO NAZIONALE CENTRALIZZATO DEI
RIFIUTI RADIOATTIVI
SOMMARIO
1
-
Premessa
2 -
Indirizzi
istituzionali
3 -
Studi e ricerche pregresse in ambito nazionale
4 -
Criteri generali di sicurezza
5 -
Recuperabilità
dei rifiuti radioattivi
6 -
Inventario dei
rifiuti radioattivi di II categoria
7 -
Inventario dei
rifiuti radioattivi di III categoria
8 -
Metodologia di selezione di un sito profondo in
formazione salina
9 -
Applicazione
della procedura della selezione del sito
10 -
Caratteristiche
sismiche e gro-idrologiche del sito di Scanzano Jonico
11 -
Caratteristiche
ambientali e territoriali dell'area di Scanzano Jonico
12 -
Piano
preliminare di validazione della scelta del sito
13 -
Conclusioni
1 PREMESSA
I materiali e i rifiuti radioattivi esistenti in Italia si trovano da
decenni in una situazione di provvisorietà, e talora di precarietà, che
rende sempre più complesso e oneroso il mantenimento di adeguate
condizioni di sicurezza. La perdurante mancanza di un deposito nazionale
centralizzato definitivo per i rifiuti radioattivi determina una
situazione di grave pericolo latente associata a fattori quali:
– la moltiplicazione di depositi temporanei distribuiti sul territorio;
– la precarietà di tali depositi, in gran parte non progettati per il
medio-lungo termine e ubicati in siti non idonei a tale scopo;
– il progressivo invecchiamento delle strutture, che hanno già
raggiunto o stanno ormai raggiungendo la fine della vita utile;
– la necessità di procedere allo smantellamento delle installazioni
nucleari dismesse ormai da oltre 15 anni, al fine del recupero
ambientale dei siti; smantellamento che gli amministratori locali
subordinano all’allontanamento dei rifiuti prodotti nel corso del
funzionamento di tali installazioni (rifiuti di esercizio);
– la recente evoluzione della situazione internazionale, con la
moltiplicazione dei fenomeni terroristici;
– la recrudescenza di fenomeni ambientali eccezionali.
Come confermato da autorevoli interventi, primo fra tutti quello del
premio Nobel prof. Carlo Rubbia, la situazione che si è determinata è
potenzialmente tale da esporre vaste aree del Paese alla dispersione di
materiali radioattivi in seguito a incidenti, catastrofi naturali,
possibili intrusioni o attentati.
Tale situazione di rischio fu già denunciata dall’ANPA (Agenzia
Nazionale per la Protezione dell’Ambiente, oggi APAT) nel corso di due
convegni nazionali svoltisi nel 1995 e nel 1997, durante i quali fu
richiamata la necessità di affrontare e risolvere in via definitiva un
problema che era stato apparentemente accantonato.
Alla fine del 1997, presso l’Agenzia Internazionale dell’Energia Atomica
(AIEA) dell’ONU, veniva varata la Convenzione internazionale congiunta
sulla sicurezza della gestione del combustibile irraggiato e sulla
sicurezza della gestione dei rifiuti radioattivi (denominata per
brevità “Joint Convention”), che impegna i paesi firmatari (tra cui
l’Italia) a garantire una efficace messa in sicurezza del combustibile e
dei rifiuti, assicurandone una completa e corretta gestione.
Nel corso della Conferenza nazionale per l’energia del novembre 1998
l’urgenza di affrontare e risolvere il problema fu ulteriormente
ribadita dal Ministro per l’Ambiente e dal Ministro
dell’Industria. In seguito ad approfondita riflessione e al confronto
con gli esercenti delle installazioni nucleari dismesse, il Ministro
dell’Industria emanò, in data 14 dicembre 1999, uno specifico documento
recante “Indirizzi strategici per la gestione degli esiti del nucleare”,
documento che fu inviato al Parlamento in data 21 dicembre 1999.
La strategia nazionale sulla gestione dei materiali radioattivi e degli
impianti nucleari dismessi dettata dal suddetto documento, si fondava su
tre obiettivi generali da conseguirsi in modo coordinato:
– trattamento e condizionamento di tutti i rifiuti radioattivi liquidi
e solidi al fine di trasformarli in manufatti certificati,
temporaneamente stoccati sul sito di produzione ma pronti per essere
trasferiti al deposito nazionale;
– scelta del sito e predisposizione del deposito nazionale sia per lo
smaltimento definitivo dei rifiuti condizionati di II categoria (a media
e bassa attività e vita breve), che per lo stoccaggio temporaneo a medio
temine, in una struttura ingegneristica, dei rifiuti di III
categoria (ad alta attività e a vita lunga);
– disattivazione accelerata degli impianti nucleari nella loro
globalità.
Gli stessi indirizzi strategici sono stati confermati nel DM Industria
del 7 maggio 2001 (Decreto Letta) recante “Indirizzi operativi alla
SOGIN”, la società pubblica istituita ai sensi del D.Lgs. n. 79/1999
(Decreto Bersani) con il mandato specifico di provvedere alla messa in
sicurezza dei rifiuti radioattivi e allo smantellamento degli impianti
nucleari dismessi.
Malgrado le chiare indicazioni strategiche, la volontà di dare una
soluzione stabile al problema della sicurezza dei materiali radioattivi
non ha trovato applicazione concreta.
Prendendo atto di questa situazione, aggravata dal rischio di attentati
terroristici che nel frattempo si era determinato, il 14 febbraio 2003
il Governo ha decretato lo stato di emergenza nei territori che ospitano
le installazioni nucleari italiane.
Con la successiva ordinanza della Presidenza del Consiglio n. 3267 del 7
marzo 2003, il presidente di SOGIN, Gen. Carlo Jean, è stato nominato
Commissario Delegato per la sicurezza dei materiali e delle
installazioni nucleari, con un mandato operativo che riguardava, tra
l’altro, lo studio delle soluzioni idonee a consentire la gestione
centralizzata delle modalità di deposito dei rifiuti radioattivi,
d’intesa con la Conferenza dei Presidenti delle Regioni.
In merito a questo aspetto, il Commissario ha istituito in data 11
aprile 2003 uno specifico gruppo di lavoro (GDL) composto di esperti di
SOGIN ed ENEA con il supporto di diverse Università italiane che, sulla
base delle linee guida formulate dall’ONU-IAEA e universalmente
riconosciute a livello internazionale, ha provveduto a definire i
criteri tecnico-scientifici applicabili alla localizzazione di un sito
idoneo alla realizzazione di un centro nazionale
– per il deposito definitivo dei rifiuti radioattivi a bassa e media
attività e vita breve (II
categoria GT n. 26);
– per lo stoccaggio temporaneo dei rifiuti radioattivi ad alta attività
e lunga vita (III catego- ria GT n. 26).
In data 16 giugno 2003 lo studio prodotto dal GDL è stato sottoposto
alla Conferenza dei Presi- denti delle Regioni per l’intesa prevista
dall’OPCM n. 3267. In data 26 luglio la Conferenza dei Presidenti delle
Regioni comunicava di avere sospeso l’esame dello studio.
La necessità e urgenza di dare soluzione al problema mediante la
realizzazione di un deposito unico nazionale era stata nel frattempo
ulteriormente ribadita nel marzo 2003 dalla Commissione VIII della
Camera dei Deputati (Commissione Ambiente, Territorio e Lavori Pubblici)
nel Documento Conclusivo dell’Indagine Conoscitiva sulla sicurezza
ambientale dei siti ad elevata concentrazione inquinante di rifiuti
pericolosi e radioattivi).
Inoltre, al momento attuale, grazie all’impegno particolare della
Presidenza Italiana, è in via di emissione una nuova Direttiva
dell’Unione Europea, presentata in tempi recentissimi dal Commissario
Loyola de Palacio, in base alla quale è stabilito per tutti i Paesi
Membri l’obbligo della definitiva messa in sicurezza dei rifiuti
radioattivi, in particolare predisponendo, in ciascuno di essi, il
deposito definitivo per i rifiuti a bassa e media attività, e, in tempi
meno ravvicinati, quello per i rifiuti ad alta attività e per il
combustibile irraggiato.
In tale contesto, preso atto dell’indisponibilità della prescritta
intesa con la Conferenza dei Presidenti delle Regioni, nonché
dell’accresciuta instabilità internazionale, con il conseguente
aumento dei rischi derivanti dal terrorismo, il Governo ha ritenuto di
dover assumere responsabilmente l’iniziativa volta a identificare in
tempi brevi un sito che, con il massimo livello possibile di sicurezza e
rispetto dell’ambiente, fosse idoneo ad ospitare un deposito che, pur
destinato in prima istanza al deposito definitivo dei rifiuti
radioattivi di II categoria, presentasse anche caratteristiche
favorevoli ai fini del deposito definitivo dei rifiuti di III categoria
(deposito unico nazionale).
Il compito di procedere a tale identificazione è stato affidato al
Presidente della SOGIN. L’affidamento trae origine dal citato Decreto 7
maggio 2001, i cui principi, con riferimento alla sistemazione
definitiva e centralizzata dei rifiuti radioattivi, sono peraltro
ribaditi nel Disegno di legge “Riordino del settore energetico…” (DDL
Marzano), già approvato dalla Camera, e attualmente all’esame del
Senato (A.S. n. 2421), recante tra l’altro deleghe al Governo in materia
di gestione dei rifiuti radioattivi.
Sulla base della richiesta del Governo, SOGIN, anche utilizzando lo
studio effettuato nei mesi precedenti dal Gruppo di Lavoro istituito
nell’aprile 2003, ha portato a termine nei tempi brevi richiesti il
presente studio volto all’identificazione di un sito rispondente alle
indicazioni governative.
Lo studio è stato condotto con la collaborazione di eminenti specialisti
del sistema universitario nazionale, che ne hanno condiviso il metodo e
le conclusioni.
La scelta di un sito che comporti la massima sicurezza per lo
smaltimento dei rifiuti di II categoria e che, in prospettiva, possa
risultare idoneo anche alla III categoria deve necessariamente essere
orientata verso un deposito profondo (o geologico). Le garanzie di
sicurezza offerte da un deposito profondo - che affida il contenimento
dei materiali radioattivi alle capacità di barriera delle formazioni
geologiche, e soprattutto alla permanenza nel tempo (dell’ordine dei
milioni di anni) di tali capacità - sono infatti universalmente
riconosciute come le uniche adatte a tale scopo.
È per tale ragione che, per ospitare rifiuti di III categoria, in tutti
i paesi che hanno affrontato questo problema sono oggetto di studio
depositi profondi in formazioni di argilla, salgemma o granito.
Nel processo di analisi è maturata la convinzione che la scelta del
deposito profondo (deposito geologico) in salgemma fosse quella da
perseguire, in quanto:
– nella situazione italiana i giacimenti salini sono inglobati in
formazioni argillose, potendo così trarre vantaggio, nei casi più
favorevoli, dalla capacità di barriera di entrambe le formazioni;
– le formazioni granitiche e argillose possono presentare
caratteristiche di disomogeneità, tipicamente fratturazioni (graniti) o
inclusioni sabbiose (argille). Prima di poter essere veramente candidate
a ospitare un deposito, necessitano di indagini assai approfondite allo
scopo di escludere l’esistenza di tali indesiderati inconvenienti. Gli
effetti negativi di tali caratteristiche non sono riscontrabili nelle
formazioni saline;
– gli unici esempi operativi su scala mondiale di depositi in
formazioni geologiche profonde sono tutti in formazioni saline; infatti
appartengono a tale tipologia :
- Il deposito salino di Asse (Germania),
operativo per lo smaltimento di rifiuti radioattivi di bassa e media
attività fino al 1978 (smaltiti circa 30.000 metri cubi di rifiuti in
totale), e successivamente utilizzato per indagini e studi
approfonditi, coordinati dalla Commissione Europea, finalizzati allo
smaltimento dei rifiuti ad alta attività e a lunghissima vita media;
- Il deposito salino “ERAM” di Morsleben
(Germania), operativo dal 1971 al 1998, in cui sono stati smaltiti
circa 40.000 metri cubi di rifiuti e circa 7.000 sorgenti radioattive
in disuso;
- Il deposito salino “WIPP” (Waste
Isolation Pilot Plant) di Carlsbad (Nuovo Messico, USA), operativo dal
1999; è attualmente l’unico deposito definitivo in funzione per i
rifiuti a lunga vita (transuranici, in particolare plutonio),
della capacità totale di 170.000 metri cubi, in cui sono stati
finora smaltiti più di 20.000 metri cubi di rifiuti. Si tratta dei
rifiuti radioattivi ad alta attività e a lunga vita risultanti dal
programma militare USA.
– La scelta di una formazione di salgemma come deposito definitivo per i
rifiuti radioattivi è ottimale anche in quanto il salgemma:
- è un “indicatore naturale” perdurante
da milioni di anni dell’effettivo isolamento dalle acque superficiali
e sotterranee esercitato dalle formazioni argillose incassanti nei
confronti del giacimento salino;
- ha una permeabilità talmente bassa da
presentare problemi di misurabilità (e comunque di qualche ordine di
grandezza addirittura inferiore a quella dell’argilla); in tal modo ha
la capacità di impedire la migrazione dei radionuclidi;
- ha una propensione alla deformazione
plastica (creeping) che, per le bassissime velocità di
deformazione proprie delle strutture geologiche,
porterebbe all’autosigillatura di qualunque frattura si dovesse
eventualmente formare;
- ha un buon coefficiente di scambio
termico, che permette lo smaltimento del calore residuo di decadimento
dei rifiuti.
La formazione di salgemma deve essere inoltre localizzata in un’area a
caratteristiche geodinamiche favorevoli, tali da garantire l’isolamento
del deposito nel lunghissimo periodo, e avere spessore ed estensione
adeguati ad ospitare le gallerie di deposito dei rifiuti radioattivi.
Le risultanze dello studio SOGIN hanno portato alla selezione del sito
di Scanzano Jonico, in provincia di Matera, come l’unico rispondente a
livello preliminare a tutti i requisiti di sicurezza raccomandati in
ambito internazionale con riferimento alla tipologia di deposito
prescelta.
La metodologia seguita e la scelta conseguente sono state validate da
eminenti esperti nazionali del settore geologico e nucleare.
La scelta di deposito unico di tipo geologico per i rifiuti di II
categoria e, in tempi successivi, in base ad esiti positivi delle
necessarie analisi di sicurezza a lungo termine, anche per quelli di
III categoria, comporta indubbiamente costi iniziali e tempi maggiori se
riferiti al solo smaltimento della II categoria (che potrebbe essere
realizzato anche attraverso una struttura ingegneristica superficiale o
sub-superficiale), mentre risulterà vantaggiosa se riferito alla
soluzione complessiva del problema di sistemazione definitiva di tutti i
rifiuti radioattivi nazionali.
È opportuno ribadire una delle più importanti e significative
conclusioni del rapporto conclusivo del “Gruppo di lavoro sulle
condizioni per la gestione in sicurezza dei rifiuti radioattivi”,
approvato e fatto proprio dalla Conferenza Stato-Regioni il 31 gennaio
2002, in base alla quale la realizzazione del deposito va presentata
come facente parte di un Progetto di Sviluppo Integrato del Centro e del
Territorio, lungi, quindi, dal configurare un puro e semplice “cimitero
di scorie nucleari”.
Ciò comporta, tra l’altro, la realizzazione di un centro di alta
specializzazione, di cui il deposito è solo una parte, ma che
comprenderà, tra l’altro:
– un Centro di Informazione e Documentazione
– un Centro Congressi
– laboratori specializzati nella caratterizzazione dei rifiuti
radioattivi;
– laboratori di tecnologia dei materiali;
– attività di ricerca nel campo della gestione e sistemazione dei
rifiuti radioattivi di III
categoria;
– attività nel campo dei controlli e della caratterizzazione ambientali;
– attività di studio, ricerca, sperimentazione e modellistica, per il
mantenimento di una cultura italiana nel campo della protezione dalle
radiazioni;
– attività di ricerca e sviluppo tecnologico nel campo del
condizionamento dei rifiuti radioattivi, della qualificazione di
materiali e manufatti, degli interventi robotizzati in ambienti ostili,
ecc.
Si tratta dunque di realizzare un grande progetto al servizio al Paese,
che a fianco di un deposito nazionale in sicurezza dei rifiuti
radioattivi, realizzi un importante polo tecnologico di ricerca e
sviluppo, apportatore di crescita culturale e di ampie e significative
opportunità occupazionali nell’area prescelta.
Nei capitoli successivi sono esaminati l’inventario dei rifiuti
destinati al deposito, i criteri di sicurezza per la scelta del sito, la
metodologia adottata per la selezione e i risultati della selezione
medesima, con particolare riferimento alle caratteristiche geologiche,
geomorfologiche e geodinamiche dell’area.
Le caratteristiche tecniche del deposito e delle relative infrastrutture
di servizio saranno ulteriormente precisate nell’ambito delle
successive attività di studio e progettazione.
Tale attività verrà condotta in collaborazione con esperti che hanno già
curato la progettazione e la realizzazione di depositi definitivi
geologici in formazione salina (USA, Germania). Le scelte progettuali
saranno inoltre certificate da organismi scientifici indipendenti
nazionali e internazionali.
Qui sotto sono riportati i pareri di eminenti esperti nazionali che
hanno convalidato la procedura e i risultati oggetto del presente
studio:
prof. Claudio Eva - ordinario di fisica
terrestre - Università di Genova
prof. Icilio Renato Finetti - ordinario di
geofisica applicata - Università di Trieste
Umberto Colombo (ex presidente dell'Enea) - 1/2
Umberto Colombo (ex presidente dell'Enea) - 2/2
prof. Renato Angelo Ricci (ex Commissario
Governativo Anpa; ex Presidente Società Europea di Fisica) - 1/2
prof. Renato Angelo Ricci (ex Commissario Governativo Anpa; ex Presidente
Società Europea di Fisica) - 2/2
Paolo Scandone
fonte: SO.G.I.N.
|