Il rischio attentati
terroristici legati ai depositi di scorie radioattive
Audizione del direttore del Sismi, Nicolò Pollari, alla commissione
parlamentare d’inchiesta sui rifiuti (Seduta del 25/6/2003 )
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del generale Nicolò
Pollari, direttore del Sismi.
Ricordo che, secondo quanto concordato in sede di programmazione dei
lavori dall'ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei
gruppi, la Commissione procederà nell'odierna seduta all'audizione del
generale Pollari, in ordine ai compiti ed ai profili di attività del
Sismi concernenti le materie oggetto dell'inchiesta.
L'odierna audizione potrà costituire l'occasione per acquisire dati ed
elementi informativi in merito ai profili di conoscenza per quanto di
competenza del servizio, inerenti all'attuale evoluzione dei rischi
terroristici legati ai depositi di scorie radioattive presenti nel
territorio nazionale e all'eventualità di traffici illeciti di rifiuti
radioattivi da parte della criminalità organizzata e sulle problematiche
connesse con le funzioni esercitate dal Sismi in tale specifico settore.
Nel rivolgere un saluto ed un ringraziamento per la disponibilità
manifestata, do subito la parola al generale Pollari, riservando
eventuali domande dei colleghi della Commissione in esito alla sua
relazione.
NICOLÒ POLLARI, Direttore del Sismi. La ringrazio, signor presidente, e
mi permetto di porgere il mio saluto ai parlamentari intervenuti.
Considero un grande privilegio essere qui per rappresentare, con
riferimento alle competenze dell'istituzione che dirigo, gli aspetti più
propriamente di interesse di questa Commissione e per illustrare lo
stato dell'arte e le prospettive future. Farò riferimento a prospettive
storiche per necessità di inquadramento metodologico e a prospettive
attuali per aderenza alla situazione.
PRESIDENTE. Laddove lo ritenesse necessario, possiamo segretare la
seduta.
NICOLÒ POLLARI, Direttore del Sismi. Mi permetterò di approfittare di
questa sua cortesia se dovessi introdurre argomenti o riferire su
aspetti che lo richiedano.
Il Sismi ha fra i compiti primari l'attività di contrasto alla
proliferazione di armi di distruzione di massa. La locuzione implica
un'estensione di ipotesi e di prospettive estremamente ampia che va
dall'attività di procurement illecita, ai programmi di proliferazione
all'interno dei singoli paesi e ovviamente, ratione materiae, agli
aspetti specifici che attengono a tali settori.
Quando si parla di proliferazione di armi di distruzione di massa il
pensiero viene immediatamente rivolto agli aspetti più significativi che
sono quelli nucleari, radiogeni, chimici e biologici, ma vi sono aspetti
concomitanti di altrettanta pericolosità sui quali mi soffermerò
brevemente.
In questa prospettiva, l'attività di intelligence del servizio è stata
rivolta verso finalità difensive e offensive. Le prime volte ad impedire
che vi fosse la possibilità di creare vie di facilitazione a chi avesse
interesse a utilizzare a nostro pregiudizio questo tipo di armi; le
seconde volte ad un'attività di contrasto e di monitorizzazione, in
coerenza con l'azione di Governo e delle organizzazioni sovranazionali
cui apparteniamo, come la NATO, l'Unione europea e l'ONU, e comunque in
correlazione con i paesi amici, che coltivano obiettivi affini ai
nostri.
In via ordinaria, l'attività è stata segnatamente rivolta verso i
settori cui prima ho fatto riferimento e naturalmente essa non è rivolta
solo a fattualità prefigurabili con certezza, ma anche ad ipotesi di
pericolosità. Per esempio, lo sviluppo di un programma nucleare di un
paese, più o meno dichiarato, può avere aspetti che possono
rappresentare indicatori di sviluppi non propriamente civili, ma con
ambizioni o prospettive militari. Questo programma non si rivela
semplicemente attraverso la conoscenza di acquisizioni o di lavorazioni
di materiale fissile, ma anche attraverso la conoscenza
dell'acquisizione di particolari tecnologie. Rammento che un programma
nucleare standard contempla tre macro momenti di rilievo: la scelta del
materiale nucleare di interesse, che può essere plutonio o uranio 238,
grezzo, che ordinariamente per concentrazione gassosa viene trasformato
in uranio 235 e utilizzato nei cicli produttivi; la tecnologia delle
fonti di innesco e, aspetto forse meno evidente ma altrettanto se non
più importante, la conoscenza delle regole di calcolo (oggi le regole di
calcolo più ordinariamente conosciute sono i cosiddetti "codici di
Montecarlo") e la tecnologia delle simulazioni, che rappresentano il
secondo momento, assolutamente irrinunciabile, che serve per portare
avanti in termini concreti un programma nucleare e ne sono l'indicatore
più forte.
Attorno a questi momenti ruota l'attività di controllo del servizio che
è rivolta alla conoscenza sia della progettualità, sia della fattualità,
sia, in particolare, delle attività di procurement che nel mondo vengono
attuate ordinariamente attraverso triangolazioni, perché i paesi che
hanno sottoscritto atti e convenzioni di non proliferazione non
consentono la negoziazione di beni che comunque possono essere
riferibili a programmi nucleari. Fra questi vi sono naturalmente anche
beni dual use o plural use: intendo riferirmi alle camere di
compensazione, alle turbine, a determinati elementi forniti dalla
tecnologia, come tubi con particolari caratteristiche che possono girare
milioni di volte al secondo e che sono necessari per la concentrazione
gassosa dell'uranio e sono precisi indicatori dell'esistenza di un
programma nucleare. Andrà poi stabilito, attraverso altre evidenze, se
si tratti di un programma civile, compatibile con gli accordi
sottoscritti, oppure di un programma militare.
È evidente che l'acquisizione da parte di un paese di turbine elettriche
che abbiano una certa potenzialità, in presenza di conoscenze che
autorizzano a supporre che l' economicità della gestione sia compatibile
con il 20 per cento di utilizzo di quelle turbine, fa residuare il
dubbio che sia abbastanza improbabile sostenere un costo molto
importante, in assenza di un programma di sviluppo conoscibile e
realistico, per quel tipo di uso. Ciò dà adito al sospetto di altri usi,
che vanno chiariti. Intendo dire che è molto improbabile che per il
trasporto di una bottiglia si provveda all'acquisto di un camion a
rimorchio; vi è un'incongruenza, un elemento che dà adito a pensieri.
Questa è la lunghezza d'onda con la quale si tende a valutare la
prospettiva nel mondo che è estremamente complessa e di cui il nostro
paese, assieme ad altri, è permeato.
Il secondo aspetto di interesse del servizio, con riferimento al
controllo di materiale sensibile, specie quello cui ho fatto
riferimento, attiene a profili diversi, come il fatto che la criminalità
organizzata o organizzazioni di criminalità economica possano inserirsi
nelle procedure di smaltimento di determinati residui, rendendole
estremamente economiche o addirittura possibili, laddove possibili non
sono, come nel caso di materiale apparentemente inutilizzabile o non più
suscettibile di un proficuo uso economico da parte dell'impresa, per la
quale può rappresentare un costo, che può essere estremamente appetibile
per altri che intendono destinare tale materiale ad altro tipo di
utilizzo.
Il salto di qualità che, rispetto a queste prospettive, è avvenuto dopo
l'11 settembre è il seguente. Mentre prima dell'11 settembre le
nostre possibili controparti, i soggetti che erano considerati le nostre
controparti, erano di massima gli Stati, dopo quel giorno possono essere
organizzazioni diverse, che hanno dimensioni ragguardevoli, magari
raggiungendo un'estensione planetaria, ma Stati non sono. Queste
organizzazioni sono interessate a tali vicende anche se non specialmente
per motivi di terrorismo internazionale. Credo che una delle prospettive
delle attività terroristiche, oggi, sia quella di arrecare danni sia
materiali sia in termini di allarme sociale. Non c'è dubbio che, per
una serie di motivi che è facile intuire, la prospettiva di una
contaminazione nucleare o della contaminazione chimica di un acquedotto
rappresenterebbe un grande successo per un'organizzazione terroristica,
perché gli effetti mediatici e di terrore sarebbero sicuramente tali da
risultare "remunerativi" per l'organizzazione stessa.
Dicevo che il problema rileva per due aspetti, anche con riferimento
alle organizzazioni terroristiche, perché occorre avere riguardo alla
prospettiva che queste organizzazioni si occupino di tali problemi nella
considerazione di poter fare un uso improprio di questi materiali o,
addirittura, di finanziarsi: creare le condizioni ambientali perché
avvenga uno stoccaggio improprio di questi materiali in una zona dove
non sarebbe consentito, infatti, significa - se l'obiettivo non è quello
di utilizzarli direttamente - procurarsi risorse cospicue che altrimenti
sarebbe difficile acquisire.
Mi sono limitato a illustrare alcune delle ipotesi di lavoro che ci si
presentano. Mi soffermerei adesso su alcuni aspetti particolari, anche
se lo spettro cui ho fatto riferimento è abbastanza rappresentativo
della realtà e delle ragioni che inducono il servizio ad occuparsi di
questo. La parte principale di questi traffici è per definizione
transnazionale, se non internazionale. Chi consultasse statistiche
che danno conto dell'andamento nel tempo dei fatti e delle prospettive
che sono stati oggetto di rilevazioni, noterebbe che vi sono dei picchi
significativi. Per esempio, se ne registra uno intorno alla metà degli
anni novanta, tra il 1995 e il 1996, nel traffico di materiali nucleari
come scorie o barre. Era probabilmente collegato ad eventi tipici della
ex Unione Sovietica, indotti da varie ragioni: innanzitutto, dalla
disponibilità fisica del bene, poi dall'estrema modestia degli
stanziamenti di bilancio, quindi dallo stimolo implicito a potersi
finanziare in modo abbastanza facile. Vi sono state evidenze di questi
flussi verso alcuni paesi ben determinati che hanno evidentemente creato
delle remore per chi faceva ciò con disinvoltura, e infatti questo picco
è venuto meno. Ma la casistica di ipotesi di lavoro è veramente ricca.
Per esempio, vi sono centrali nucleari in alcuni paesi dell'Africa da
cui, ad un certo punto, sono sparite barre di uranio che hanno fatto il
giro del continente, e poi sono state trovate altrove, addirittura in
Italia.
Vi è un altro aspetto di grande interesse, per quanto ci riguarda,
più prettamente difensivo piuttosto che offensivo, anche se lo guardiamo
pure in quest' ottica - perché ci sono situazioni che si prestano ad
essere considerate per la pericolosità intrinseca che esprimono -,
riguardo ad attentati o ad usi impropri di materiali, perché si può
presentare l'opportunità di approvvigionamenti da parte di persone che
mirano a questo. Mi riferisco ai siti nucleari presenti nel nostro paese.
Come è noto, in Italia si è svolto un referendum, all'esito del quale
certe attività - se non quelle scientifiche - sono cessate. Però vi sono
undici più due siti in Italia, che posso elencare, dove è custodito
materiale radioattivo.
PRESIDENTE. Perché ha detto "undici più due"?
per vedere la
mappa degli attuali depositi temporanei di materiale radioattivo in
Italia
NICOLÒ POLLARI, Direttore del Sismi. Perché undici sono siti industriali
mentre due sono siti dove si svolgono sperimentazioni scientifiche, non
sono siti di utilizzo vero e proprio: esattamente, si tratta di centri
di ricerca. Questi siti rappresentano un elemento di pericolosità per
la disponibilità di materiale radioattivo. Naturalmente, intendo
riferirmi ai macroproblemi. Per esempio, la centrale elettronucleare ex
Enel di Trino Vercellese, che è di tipo ad acqua in pressione,
fuori servizio e gestita dalla Sogin. A questa centrale sono annessi una
piscina di deposito del combustibile irraggiato e un deposito di rifiuti
radioattivi a bassa e media attività, in parte condizionati e in parte
no.
Vi è poi la centrale elettronucleare ex Enel di Caorso, del tipo
ad acqua bollente, fuori servizio e anch'essa gestita dalla Sogin, con
annessa piscina di deposito di combustibile irraggiato e con deposito di
rifiuti radioattivi a bassa e media attività, anche in questo caso in
parte condizionati e in parte no. Cito poi la centrale elettronucleare
ex Enel di Latina, di tipo a graffite e gas, fuori servizio,
gestita dalla Sogin, in cui è ancora presente la grafite radioattiva nel
core del reattore. Come è noto, la grafite è un materiale in grado di
bruciare ed il fuoco è uno dei mezzi di propagazione più pericolosi che
vengono considerati.
Ricordo anche la centrale elettronucleare ex Enel del Garigliano,
del tipo ad acqua bollente, fuori servizio anch'essa, gestita dalla
Sogin, con annesso deposito di rifiuti radioattivi a bassa e media
attività condizionati. Vi è poi il deposito centralizzato di
combustibile irraggiato presso la piscina del reattore di Avogadro di
Saluggia, che è in servizio ed è gestito dalla FIAT Avio. Se ne
prevede, nel senso che è in corso se non è già stato fatto, il
trasferimento alla Sogin.
Ricordo l'impianto pilota di riprocessamento dell'Eurex di Saluggia,
fuori servizio, gestito dall'ENEA. Anche qui si prevede, nel senso che è
in corso, il trasferimento alla Sogin. A questo impianto sono annessi
una piscina di deposito di combustibile irraggiato, un deposito di
scorie e rifiuti radioattivi liquidi, acquosi, organici, non
condizionati, e di rifiuti solidi condizionati e non.
Credo che in altre audizioni persone autorizzate a farlo vi abbiano
detto che sono in corso delle misure fisiche di tutela di questi siti.
Introduco questa valutazione incidentale perché ho fatto riferimento a
rifiuti radioattivi liquidi, che sono fra i più pericolosi, in quanto
suscettibili di contaminazione anche solo per esondazione del Po.
Trovandosi alla confluenza di due fiumi, risulterebbe che, in tempi non
molto remoti, questo pericolo sia stato reale. Noi stessi, per spirito
di servizio e a titolo di contributo, abbiamo effettuato un sopralluogo
fornendo indicazioni quanto meno per evitare che vi fossero facili vie
di accesso alla violazione del sito. Ma questi siti che contengono
rifiuti liquidi meritano un'attenzione assolutamente prioritaria
rispetto agli altri, perché sono assai pericolosi sotto ogni punto di
vista, e si tratterebbe di un pericolo non controllabile qualora questi
liquidi fuoriuscissero per una qualsiasi ragione.
Vi è poi l'impianto pilota di riprocessamento Itrec di Rotondella
(Matera), fuori servizio, gestito dall'ENEA e in trasferimento alla
Sogin, con annessa piscina di deposito di combustibile irraggiato, con
deposito di rifiuti radioattivi liquidi acquosi organici, in parte già
condizionati e di rifiuti solidi condizionati e non. Ricordo anche l'
impianto pilota di fabbricazione di combustibile di uranio e plutonio
della Casaccia (Roma), fuori servizio, gestito dall'ENEA, in
trasferimento alla Sogin, con annesso deposito di rifiuti radioattivi
contaminati con plutonio; si tratta di rifiuti non condizionati. Vi è
poi l' impianto sperimentale delle celle calde della Casaccia,
fuori servizio, gestito dall'ENEA, anch'esso in trasferimento alla Sogin
per via delle misure di legge adottate nel recente passato, con
modestissime quantità di rifiuti solidi condizionati.
Cito poi l' impianto industriale di fabbricazione del combustibile
nucleare di Bosco Marengo, fuori servizio, gestito dalle
Fabbricazioni Nucleari Spa, società a maggioranza ENEA, anch'esso in
trasferimento alla Sogin. In questo impianto sono presenti scarti delle
lavorazioni - circa cinquanta tonnellate - di uranio leggermente
arricchito e naturale non irraggiato. Vi è poi l'impianto industriale,
in esercizio, per il trattamento e il condizionamento dei rifiuti
liquidi e solidi a bassa e media attività, di origine industriale, di
ricerca e medico sanitaria, nonché il deposito temporaneo di rifiuti
solidi condizionati di seconda e terza categoria di sorgenti industriali
impiegate nel campo medico sanitario gestito dalla Nucleco, società
ENI-ENEA presso il centro Nucleco della Casaccia, qui a Roma.
Vi sono poi gli ultimi due siti, che ho citato separatamente. Il primo è
il laboratorio deposito del Centro di ricerca Cisam di Pisa, che
so essere oggetto di un'interrogazione parlamentare dell'onorevole Lion
proprio in questi giorni, che fa riferimento a questo sito come una
centrale segreta. In essa si pongono domande con riferimento sia al sito
sia alle scorie e, inoltre, al tipo di segreto o tutela cui è sottoposto
tale sito. L'altro è il Centro di ricerca di Ispra, con
laboratorio, deposito e impianti. È noto che vi è stata una prima messa
in sicurezza di questi impianti, laboratori e centrali, con un'azione di
trattamento e condizionamento dei materiali, dei rifiuti radioattivi
solidi e liquidi presenti.
Secondo un criterio estremamente opinabile che ci siamo in qualche modo
dati - ma che non ha dignità scientifica, trattandosi di parametri di
riferimento che utilizziamo per nostro uso - abbiamo suddiviso questi
impianti in base al diverso grado di pericolosità. Avremmo considerato
in termini decrescenti di pericolosità due centrali-impianti del
Piemonte e la centrale dell'Emilia-Romagna e a livello alto di
pericolosità le altre due centrali-impianti del Piemonte, una del Lazio
e una in Basilicata (naturalmente, si tratta di quelle che ho citato
prima). A pericolosità sempre decrescente, connessa alla tipologia delle
scorie e dei rifiuti, sono due centrali-impianti nel Lazio, mentre di
bassa pericolosità sono un impianto in Lombardia, una centrale-impianto
nel Lazio e una centrale-impianto in Campania.
L'interesse maggiore, nell'ultimo periodo, con riferimento a queste
strutture e alle altre che hanno dimensione e valenza minori, è stato
rivolto al pericolo che abbiamo avvertito sia a livello intuitivo sia
per indicazioni di intelligence che abbiamo avuto nel tempo (omissis).
Sono state fatte delle riflessioni, in sedi che non consideriamo le più
adeguate, sulla possibilità di utilizzare queste opportunità per
massimizzare l'effetto mediatico e per avere un'evidenza e un
effetto-annuncio come quello che queste organizzazioni si prefiggono.
Abbiamo fatto allora una serie di segnalazioni formali, come quella di
cui ho parlato - che è semplicemente una segnalazione ricognitiva con
qualche indicazione tecnica concomitante sulla pericolosità a seconda
del tipo di attacco -, alle autorità di pubblica sicurezza, agli organi
deputati a ciò, perché attivassero delle misure che consentissero almeno
una difesa attiva ragionevole (omissis).
Abbiamo valutato remota la possibilità dell'impatto di un aereo non
militare su questi siti, ma non da escludere dal campo delle
eventualità. Tradizionalmente si è pensato alla difesa da aerei militari
o da aerei da turismo, perché difficilmente in passato si è fatto
riferimento ad aerei di linea, come invece poi tragicamente si è
verificato. Non credo che oggi sia probabile un evento di questo genere,
ma non mi sentirei di escluderlo d'emblée e quindi credo che vi sia
una doverosa esigenza di riflessione sul pericolo potenziale, sulla sua
probabilità astratta e su ciò che ne deriverebbe come danno e come
estensione del danno nel concreto.
Ci siamo preoccupati essenzialmente di valutare il tipo di attacco
terroristico che potrebbe interessare questi siti e abbiamo prefigurato
tre livelli di approccio: rischio di attacchi al reattore, laddove
esiste, e al combustibile nucleare, laddove ve n'è ancora, alle scorie,
ovvero ai materiali irraggiati; rischio che deriva dalla possibilità di
attivare un terrorismo radiologico, che utilizzi per i propri scopi
materiale radioattivo; rischio derivante da problemi di origine interna,
legati a potenziali sabotaggi ovvero a furti dall'interno di materiale
nucleare.
Occorre dire che, in linea generale, quando si parla di pericolo in
questa direzione, l'approccio tecnico alla sua valutazione ha tre
aspetti: quello più generale è riferito all'oggettiva pericolosità di
un'installazione e di una sostanza e alle conseguenze dannose che
possono derivare; viene considerata poi la probabilità, cioè la
possibilità stimata che la pericolosità temuta possa essere attuata;
infine, vi è il rischio reale, ossia il prodotto della pericolosità e
della probabilità, associato ad un particolare elemento che può essere
un sito o un elemento materiale (la cosiddetta "area di rischio").
Non siamo propensi a supporre che oggi sia possibile di per sé
l'utilizzo di quelli che vengono definiti "congegni nucleari
improvvisati". Lo diciamo perché siamo convinti, sulla base di
indicatori tecnici abbastanza ragionevoli, che sia estremamente
difficile gestire questo tipo di tecnologia a quei livelli e perché
probabilmente chiunque disponga di un ordigno nucleare e non sia in
possesso delle tecnologie corre il "rischio" di non sapere far esplodere
l'ordigno. Riteniamo invece che sia possibile e semplice
l'utilizzazione di ordigni radiologici, quelli che giornalisticamente
vengono identificati come "bombe sporche". L'utilizzo di ordigni
radiologici, con acquisizione di materiale contaminato, scorie o quant'altro,
e le azioni contro impianti nucleari rappresentano, per quanto ci
riguarda, i principali profili di criticità nel nostro paese, che noi
valutiamo come temibili e possibili. Non ci sono soglie che ci
autorizzano ad attivare un allarme significativo in questa direzione, ma
riteniamo che sia doveroso prefigurare questa eventualità e fare in modo
che non vi siano vie di facilitazione per chi voglia realizzare queste
azioni.
È parecchio che interagiamo con istituzioni pubbliche e private del
nostro paese. Ci siamo detti in modo molto crudo cose che non sempre
erano piacevoli da sentire e penso di poter dire con serenità che
abbiamo intrapreso un cammino di consapevolezza e di concretezza
attuativa che ha rimosso situazioni che qualche tempo fa - non molto -
potevano preoccupare. Cito fatti che mi è stato assicurato non esistono
più: vi erano impianti circondati da una rete metallica, vigilati da una
o due guardie giurate in un casotto non a tenuta stagna, con impianti di
allarme verso le stazioni di polizia o dei carabinieri viciniori.
Abbiamo fatto dei calcoli teorici, prima di creare uno stimolo a chi di
dovere nelle sedi proprie (omissis). Abbiamo fatto rilevare, a suo
tempo, nelle sedi proprie, che era il caso di non consentire la
possibilità teorica che un camion pieno di esplosivo potesse calpestare
una rete di recinzione e andare su un obiettivo sensibile (omissis).
Oggi ci sono anche degli ostacoli fisici che non consentono più che ciò
avvenga, ma forse qualche tempo fa poteva avvenire.
Vorrei ora soffermarmi sul pericolo di aggressione all'interno del
nostro paese. La prima possibilità che abbiamo considerato è quella che
discende dall'evidenza dei fatti più tragici degli ultimi tempi, cioè la
possibilità di attacchi aerei. Prima dell'11 settembre nelle
pianificazioni generali di sicurezza, non solo italiane, questa ipotesi
era considerata come un fatto teorico, un fatto limite. Il bombardamento
dell'impianto nucleare iracheno da parte di Israele 15 anni fa era
considerato un fatto strategico limitato, non necessariamente espressivo
di una possibilità realistica, anche perché la controparte avrebbe
dovuto essere un paese per usare un aereo militare. Devo dire che
rispetto a questa prospettiva di pericolosità, se fosse stata limitata
all'aereo militare o al piccolo aereo da turismo, c'era un discreto
livello di tranquillità perché le parti vitali degli impianti e delle
installazioni sono ordinariamente progettate per resistere anche
all'impatto di un aereo che si muove a velocità subsonica. Vi sono dei
parametri cinetici e non è possibile costruire questo tipo di impianti
se non nel loro rispetto (un impatto massimo di 11 mila tonnellate).
Oggi non possiamo vivere con l'angoscia che gli eventi tragici dell'11
settembre 2001 si ripetano, però dobbiamo avere la consapevolezza
astratta che il problema esiste. Allora bisogna verificare se i
parametri di cui ho parlato siano ancora utili. Forse è bene che nelle
sedi proprie si rifletta.
Noi abbiamo considerato e abbiamo fatto valutare dalle nostre
strutture tecniche l'ipotesi di un impatto kamikaze da parte di un aereo
di linea portato a schiantarsi su un deposito di rifiuti o di scorie
radioattive di materiale nucleare con l'obiettivo di procurarne la
distruzione e l'incendio. I parametri che abbiamo preso in
considerazione sono riferiti ad un Boeing 777 e sono
significativamente diversi rispetto a quelli che tradizionalmente
venivano considerati per la protezione di questi siti. Abbiamo calcolato
pressoché invariata la velocità di impatto, ma abbiamo tenuto conto di
alcune obiettive, preliminari diversità di opzione, non solo
dimensionali. Innanzitutto il Boeing 777 rispetto ad un aereo militare
di grande livello ha un carico di carburante 50 volte superiore, una
massa 15 volte maggiore, un'area di impatto 4 volte maggiore. I
parametri sono sostanzialmente quelli valutati al decollo o, peggio
ancora, all'impatto: per quanto riguarda la massa dell'aereo, quella di
un caccia militare è di 20 mila chili, quella di un Boeing 777 è di 297
mila chili; la velocità all'impatto è quasi identica: 800 chilometri
orari per il caccia militare e 920 chilometri orari per il Boeing;
l'angolo di impatto è perpendicolare per entrambi; l'area di impatto
varia da 7 metri quadrati a 27 metri quadrati; il carico di carburante
varia da 3 mila chilogrammi a 171 mila chilogrammi. Come dicevo, è
un'opzione estremamente remota, ma astrattamente possibile e nelle sedi
proprie si sta ragionando anche su di essa.
La seconda opzione che abbiamo considerato è l'attacco con autobomba,
possibile quando l'automezzo può entrare, oppure quando viene utilizzato
per sfondare la recinzione. Poiché è una tattica possibile laddove
vi sia una scarsa attenzione per le misure fisiche di sicurezza esterne,
come in qualche caso tempo fa forse avveniva anche da noi, vi è bisogno
di massima cautela e di un'urgente predisposizione di misure, che nel
nostro paese è avvenuta. Non credo che oggi i siti a maggiore rischio
presentino una vulnerabilità immediata a questo tipo di prospettive. È
possibile invece che un attacco terroristico possa essere attuato
mediante l'uso di bombe fatte esplodere dall'esterno.
Vi è poi un problema, che non riguarda solo l'Italia, di difesa
antiaerea dei siti. Credo che un discorso costruttivo in questa
direzione possa essere praticabile sotto il profilo tecnico forse in
concomitanza con la realizzazione del deposito unico nazionale, che mi
risulta sia in via di considerazione proprio in questi giorni.
Allo stato, qualunque tipo di difesa aerea avrebbe una valenza
estremamente modesta e relativa, se non quasi nulla, perché la maggior
parte delle strutture che prima ho citato è a pochi minuti di volo dagli
scali aeroportuali. Cito il caso di Saluggia, dove vi sono piscine con
residui liquidi a poche decine di chilometri dall'aeroporto di Caselle a
Torino raggiungibili in tre minuti di volo.
Il terzo tipo di minaccia che abbiamo considerato attiene al ciclo
del combustibile, cioè al fatto che il combustibile e i suoi residui
siano oggetto di trasporto. Scorie e rifiuti radioattivi oggi
vengono trasportati, spostati e custoditi con contenitori metallici
schermati detti cask. Il pericolo realistico di attacco a tali
contenitori ha una sola prospettiva: il pericolo di furto è estremamente
remoto, trattandosi di contenitori di dimensioni e peso che non ne
consentono un facile trasporto, però esiste il pericolo di attacchi
al momento del trasporto con lanciarazzi contro carro portatili.
Tale pericolo non è remoto per le seguenti ragioni: questo tipo di arma
è molto facile da reperire nei circuiti del traffico illecito di armi;
si tratta di armi compatibili per dimensioni, peso e facilità d'uso,
anche con le esigenze di un piccolo ed isolato gruppo terroristico; sono
dotate di potenza adeguata per raggiungere lo scopo; hanno una gittata
sufficiente (300-500 metri) per operare in condizioni di stand off,
evitando quindi confronti diretti con le scorte.
Faccio riferimento alle caratteristiche standard dei cask. Dicevo che il
furto è difficile perché a pieno carico pesano 58 tonnellate e mezzo.
Possono ospitare fino a un massimo di dieci elementi di combustibile,
tipo Garigliano. Hanno in genere forma cilindrica e ingombri esterni
cospicui. Sono compatibili per via ordinaria, quanto ai trasporti, per
ferrovia e per nave. Sono lunghi poco più di 5 metri e hanno un diametro
di poco più di 2 metri e 20. È chiaro che non sono compatibili per un
operazione di furto, perché occorre un organizzazione che non consente
colpi di mano, ma sono vulnerabilissimi ad attacchi del tipo che ho
descritto, anche se la pericolosità delle radiazioni che ne
discenderebbe è valutata di bassissimo profilo. Il problema è che un
attacco di questo genere non rifletterebbe il danno che realisticamente
potrebbe indurre o creare, ma immagino che ci sarebbe un effetto di
allarme molto alto sull'opinione pubblica, e specialmente una percezione
abbastanza diffusa dell'insicurezza.
Il terzo tipo di minaccia è quella collegata al cosiddetto rischio
interno, nel senso che vi possono essere atti di infedeltà o di
trascuratezza. Dobbiamo affidarci - e credo sia giusto, perché so che si
tratta di dati che hanno una valenza scientifica - agli studi che in
questo senso ha condotto l'AIEA. Una prima considerazione di carattere
generale con riferimento a questo tipo di rischio che discende dagli
studi dell'AIEA è data dalla circostanza che la causa maggiore di queste
violazioni è dovuta al fallimento delle misure di sicurezza, fallimento
non attribuibile ai sistemi tecnici, bensì alla mancanza dell'osservanza
delle procedure da parte degli addetti alla sicurezza e ai controlli.
Questo tipo di minaccia è particolarmente insidioso sia perché nasce
all'interno della struttura ed è decisamente difficile da prevedere, sia
perché coloro che sono all'interno della struttura hanno o dovrebbero
avere, per definizione, una perfetta e completa conoscenza della
vulnerabilità del sistema sia sotto il profilo tecnico sia sotto quello
della sicurezza.
Secondo le osservazioni dell'AIEA, questo tipo di prospettiva esprime un
alto livello di pericolosità per la possibilità non remota che gruppi
terroristici possano cercare di infiltrare all'interno, o di arruolare
dall'esterno, personale delle organizzazioni che a vario titolo trattano
questi materiali nucleari.
Altro tipo di minaccia è l' attacco radiologico di matrice
terroristica. Devo dire che in questo caso, anche secondo valutazioni
che sono estranee alla mia struttura, essendo dell'AIEA, il furto di
materiale radioattivo dai siti vari è facilissimo, ma richiede personale
che si sovraesponga a un livello di rischio alto, perché poi deve
gestirlo, mentre offre un'ampia gamma di possibilità di acquisizione di
materiale, perché non sono solo i siti principali quelli che dispongono
di questo materiale, ma se ne trova anche in campo industriale e nel
settore delle terapie medico-sanitarie. Questo materiale è
intrinsecamente assai pericoloso per sua natura: a fattor comune, in
tutti i paesi del mondo, specialmente quello industriale e quello
sanitario, è soggetto a scarsità di controlli, perché manca una
disciplina organica di controllo; di norma è contenuto in contenitori
facilmente asportabili. Naturalmente, gli autori del furto non devono
avere - per definizione o per loro convinzione - grande considerazione
per la loro salute fisica, perché ne avrebbero grande pregiudizio.
Un ordigno radiologico è realizzabile in termini di estrema facilità,
con capacità tecnologiche molto modeste. Tra l'altro, vi sono siti
Internet che soccorrono laddove qualcuno avesse bisogno di istruzioni,
di queste informazioni. Diciamo che cesio 137 e cobalto 60 sono fra i
prodotti più largamente diffusi e fra i più largamente utilizzati nelle
strutture medico ospedaliere.
Il modo per la diffusione è essenzialmente quello mediante aerosol,
introducendo un ordigno esplosivo, oppure il fuoco. E in questo senso il
pericolo maggiore può derivare, proprio attraverso il fuoco, dall'uso di
bombe sporche, magari inserite in bombe a mano alla termite o al
fosforo, o anche bombe da mortaio. In questo caso, è molto difficile
spegnere il fuoco e la diffusione sarebbe abbastanza rapida e
perniciosa. È una tecnologia, come ho detto, di bassissimo livello e
che, chiaramente, è di largo impatto emozionale. Si tratta di un rischio
di difficile prefigurazione quanto a estensione e possibilità di
realizzazione per le ragioni che ho richiamato: non è difficile
procurarsi il materiale, aerosol, bombe o fuoco.
Per quanto riguarda la mia illustrazione, ho omesso, naturalmente, di
fare analogo ragionamento ma, mutatis mutandis, il problema si pone
negli stessi termini, essendo una questione di sicurezza dei siti e di
disponibilità delle risorse, per quanto attiene ad altri materiali o ad
altre scorie suscettibili di pericolo. Intendo riferirmi a quelle
chimiche, e, quando vi sono, a quelle biologiche. L'attività che il mio
servizio svolge in questa direzione è di ricognizione preventiva e di
studio delle prospettive di pericolo, e poi di contrasto, ma contrasto
intelligence, naturalmente, perché cerchiamo di acquisire elementi
informativi in Italia e all'estero che ci consentano di prevenire e di
informare chi di dovere sulle soglie di pericolosità o i pericoli
immediati, quando ne conosciamo i termini. Mi riferisco alle forze di
polizia o comunque alle amministrazioni più direttamente coinvolte in
questo tipo di responsabilità.
Sono a disposizione per qualunque tipo di domanda o per qualsiasi
precisazione che possa essere utile, augurandomi di aver fornito un'idea
dell'attività e degli interessi della mia istituzione in questo settore.
PRESIDENTE. La ringrazio. Do la parola ai colleghi che desiderano
intervenire.
GIUSEPPE SPECCHIA. Ringrazio il generale per la relazione davvero
esauriente e molto interessante. Tra l'altro, proprio ieri ci siamo
occupati di rifiuti radioattivi.
Per quanto riguarda la sua esperienza, anche in passato abbiamo avuto
notizie di traffici di rifiuti radioattivi, di interesse della
criminalità. Anche lei, all'inizio, ha richiamato la presenza della
criminalità in questo settore. Poiché la nostra Commissione si occupa
anche di questo, vorrei sapere qualcosa di più - anche se non numeri
dettagliati - sull'attuale consistenza di questo fenomeno.
PRESIDENTE. Il Sismi ha una divisione, credo sia l'VIII, che tra i suoi
compiti istituzionali ha proprio quello di monitorare i rifiuti
nucleari, radioattivi e tossico-nocivi. Per quanto riguarda il traffico
di rifiuti internazionale, sia sul fronte della storicizzazione del
fenomeno sia su quello dell'intelligence più recente, vi sono fatti,
indicazioni, aspetti che inducano a ritenere che questo traffico va
aumentando piuttosto che diminuendo, che vi siano condizioni
sociogeografiche e politiche che lo alimentano? Qual è lo stato
dell'arte su questo fronte?
Lei saprà certamente che vi fu un accordo, un po' imprenditoriale e un
po' internazionale, denominato Urano, per lo smaltimento nella
depressione del deserto spagnolo di rifiuti tossico-nocivi. Poi sembra
che questo progetto sia abortito, secondo alcuni, o, secondo altri, che
sia stato ulteriormente alimentato e probabilmente utilizzato altrove.
Cosa vi risulta a questo proposito?
La nostra Commissione non ha interesse né intenzione di occuparsi della
vicenda di Ilaria Alpi riguardo all'omicidio. Ci interessa invece capire
se dietro a quell'omicidio vi fossero situazioni riguardanti il traffico
di rifiuti. Il ministro Frattini nel 2002 ha autorizzato la trasmissione
all'autorità inquirente di tutte le informative riguardanti la vicenda.
In cosa consistono, sostanzialmente, riguardo al traffico di rifiuti?
Do la parola al generale Pollari.
NICOLÒ POLLARI, Direttore del Sismi. Come ho detto in esordio, la
prospettiva di interesse non solo del mio servizio, ma segnatamente del
mio servizio - perché devo rispondere alle mie prospettive di interesse
professionale -, riflette quello che succede staticamente nel nostro
paese e quanto accade dinamicamente nel nostro paese e nel mondo.
Il problema delle scorie e dei rifiuti ha due prospettive. La prima è
quella di carattere industriale e di sicurezza; l'altra è quella di
carattere terroristico-militare, con riferimento all'uso improprio di
questi materiali.
Riguardo alla prima prospettiva, il problema è "toglierseli di torno"
(dico cose ovvie, ma per rendere più chiaro il discorso), cioè metterli
da qualche parte. Questo ha un'implicazione immediata, cioè quali
sono i costi, quali le regole che bisogna osservare e in che misura è
possibile. Il costo, infatti, non è sempre risolutivo del problema.
Basti pensare che il nostro sistema-paese ha chiesto la vetrificazione
di alcune scorie all'Inghilterra, per portare dallo stato liquido, che è
pericolosissimo, allo stato solido, materiali che mi risulta siano
ancora lì. Ho letto che l'Inghilterra desidererebbe rinviarceli.
Rispetto a questa prospettiva di ritorno, si pongono delle difficoltà
oggettive a livello di paese. Immagino che queste difficoltà
probabilmente riguardino soggetti interni del nostro paese. Talvolta la
soluzione esiste, ed è percorribile, magari con costi molto alti. Quando
la soluzione esiste, il problema riguarda i costi. Possono intervenire,
infatti, i fenomeni legati agli intermediari: quando non si tratta di
casi, bensì di fenomeni, è difficile che queste intermediazioni non
siano oggetto dell'attenzione della criminalità organizzata.
Si pone poi un problema di smaltimento. A volte esistono regole e ci
sono siti per lo smaltimento; altre volte il problema si pone. Il sito
di smaltimento deve essere individuato, ma non sempre questa indicazione
è disponibile immediatamente. Allora ci può essere chi agisce da
intermediario offrendo dei "servizi", partendo da quelli di
semplicissima "assicurabilità" (ma pericolosissimi): sembra che nel
passato alcune aziende si affidassero a dei soggetti autorizzati allo
smaltimento dei materiali, e che questi soggetti poi aprissero i
rubinetti per strada liberandosi del carico. Sono fatti noti alle
cronache anche giudiziarie del nostro paese. Altre volte, invece, si
ricorre all'uso di siti impropri, all'insaputa degli abitanti della zona
e delle autorità. Certe volte questa filiera si conclude al di fuori dei
confini nazionali con implicazioni che riguardano altri paesi che sono i
destinatari, quantomeno geografici, più o meno consapevoli di ciò. È
evidente che discorsi di questa natura non sono gestibili se non con la
complicità di Stati ovvero di macro organizzazioni criminali. Il nostro
è un paese ordinariamente fornitore di scorie e di rifiuti, ma in
qualche caso è anche destinatario, perché qualcuno trova dei siti dove
occultare queste scorie. Anche di questo abbiamo notizia da fatti di
cronaca, anche relativamente recenti. È ovvio che l'onere che deriva da
questo tipo di smaltimento, da queste operazioni, è elevato, ma non
tanto quanto lo sarebbe se si dovessero rispettare le regole.
Il problema è che a volte queste modalità sono assistite da un alibi, e
spesso è problematico identificare in modo tecnico e legale una
soluzione definitiva a questo tipo di esigenza. Mi risulta che la
Germania abbia trovato una serie di siti dove stoccare questi materiali:
mi dicono nelle miniere di salgemma, che verrebbero destinate a questo
scopo. Mi si dice che i tempi di decadimento di queste sostanze
oscillino dai 350 anni, nei casi più semplici, a milioni di anni nei
casi più difficili, e questo aspetto ha ovviamente delle implicazioni
sulle tipologie dei siti, sulle comunità e sui paesi disposti ad
accogliere questi rifiuti. È chiaro che se si esce dai canali dell'
ordinarietà per ragioni di natura economica, chi si occupa di gestire il
problema deve avere una sua struttura e deve garantirsi la possibilità
di assicurare il servizio e di solito questo avviene perché c'è qualche
Stato complice in modo più o meno silente o acquiescente, oppure si
tratta organizzazioni criminali che hanno la possibilità di farlo.
Alcuni paesi hanno provato a svolgere dei programmi: il presidente ha
fatto cenno al caso della Spagna, che non è l'unico. Mi risulta che
tutti stiano cercando di misurarsi con soluzioni più definitive, però
non ho scorto fra i miei elementi di possibile conoscenza delle
soluzioni domestiche, nel senso che qualcuno ha risolto in proprio il
problema ma in termini molto parziali. Non credo che esistano soluzioni
generalizzate o generalizzabili allo stato e questo è uno dei motivi per
cui anche il nostro paese è alla ricerca affannosa di un sito unico
nazionale.
Spesso, alla prospettiva di custodia e trasporto non c'è una risposta
univoca e definitiva trasparente. Nel mondo l'attività connessa con lo
smaltimento e la custodia e quella connessa con il commercio di questi
materiali avvengono nella più evidente clandestinità. Anche qui talvolta
i soggetti sono gli Stati. (omissis)
Vi è poi l'universo delle micro opportunità. Ricordo il famoso traffico
di barre di uranio provenienti dalla Nigeria - di cui si sono avute
notizie giudiziarie e conseguenze nel nostro paese -, tra l'altro non
integre, che erano state date dagli Stati Uniti per una centrale
nucleare di quel paese e che poi si sono "perse"; qualcuno se ne è
appropriato (credo che ne manchino sette o otto) e alcune sono state
vendute. Di situazioni simili ce ne sono moltissime e non è possibile
censirle. Nel nostro paese, ad esempio, sarebbe necessario un censimento
certo delle entrate e uscite delle scorie ospedaliere e quant' altro;
figuriamoci cosa possa avvenire in paesi in cui le legislazioni sono
meno vincolanti della nostra!
Esistono macro fatti e micro fatti; indubbiamente il valore di questi
commerci è tale da rendere abbastanza improbabile che vi siano
operazioni spot, in quanto esse in genere sono gestite dalle grandi
correnti del crimine organizzato transnazionale.
Circa il caso di Ilaria Alpi, si sono svolti dei processi passati in
giudicato e mi risulta difficile ed imbarazzante trattare di questioni
che sono state definite con sentenza. So che ci sono dei pensieri, ma
non dispongo di indicatori diversi da quelli che sono stati trattati in
giudizio. Se ne avessi avuto la disponibilità, quando sono stato sentito
l'ultima volta come direttore pro-tempore, quindi a distanza di 10 anni
dal fatto, li avrei resi in tribunale, in pubblica udienza. Non mi
sento, quindi di discostarmi, né formalmente né sostanzialmente, dagli
esiti dei processi penali che sono stati celebrati.
PRESIDENTE. Ringrazio il generale per l'approfondita, attenta relazione
che ci ha fornito un quadro interessate, straordinariamente utile per le
valutazioni che questa Commissione sta facendo sul piano non solo della
disamina critica ma anche delle proposte, dal punto di vista operativo e
normativo.
Spero che questa sia la prima occasione di confronto e che potremo
averne altre per un ulteriore approfondimento di questioni specifiche.
NICOLÒ POLLARI, Direttore del Sismi. La ringrazio, signor presidente, e
mi permetto di rinnovare la mia gratitudine, anche a nome del servizio,
per questa opportunità. Credo che nel tratto a venire eventuali
audizioni potranno assolvere una funzione tanto più utile quanto più
specifico sarà il tema oggetto di dibattito.
PRESIDENTE. Grazie, buon lavoro. Dichiaro conclusa l'audizione.
N.B.: L'ufficio di presidenza della Commissione, in data 10 luglio 2003,
ha deliberato di secretare alcuni passaggi degli interventi del
direttore del Sismi.
per
conoscere la situazione in Italia dei rifiuti radioattivi (organi
competenti, problemi e soluzioni)
fonte:
http://www.e-gazette.it/approfondimenti/ap400.htm
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