Zona NucleareIl sito unico nazionale per la raccolta delle scorie nucleari ,
la Sogin, i Personaggi, le Norme, il business dei rifiuti radioattivi,
le situazioni ambigue di una vicenda attorno cui girano Miliardi di Euro

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Il sito unico nazionale per la raccolta delle scorie nucleari , la Sogin, i Personaggi, le Norme, il business dei rifiuti radioattivi  italiano

    The only national site for collection of nuclear wastes in Italy, Sogin, Personages, Rules, radioactive wastes business  english
    Le seul site national pour la récolte des déchets nucléaires en Italie, le Sogin, les Personnages, les Règles, le business des déchets radioactifs  francais
    イタリアにおける国の統合核廃棄物処分場、la Sogin(核施設管理株式会社)、重要人物、法規、放射性廃棄物ビジネス  japanese
    El único “sitio nacional” por la recolección de la basura nuclear en Italia, la SOGIN, los personajes, las normas, el negocio de los desechos radiactivos  espanol
    Einziges Atommüll-Endlager in Italien, die SOGIN, die Mitwirkenden, die Normen, der Business des radioaktiven Abfalls  deutsch

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1. I.A.E.A. report of nuclear power development in Italy
2. What is SOGIN - Nuclear Plant Management?
3. What is ANPA (now called APAT)?
4. Decommissioning in Italy - National fact sheet
5. Status of decommissioning activities of Italian Nuclear Power Plants
6. More info about Scanzano Jonico (or Ionico) and nuclear waste repository
7. Italy to send nuclear waste abroad for disposal and UK to keep foreign nuclear waste


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Il rischio attentati terroristici legati ai depositi di scorie radioattive
 


Audizione del direttore del Sismi, Nicolò Pollari, alla commissione parlamentare d’inchiesta sui rifiuti (Seduta del 25/6/2003 )

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del generale Nicolò Pollari, direttore del Sismi.
Ricordo che, secondo quanto concordato in sede di programmazione dei lavori dall'ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, la Commissione procederà nell'odierna seduta all'audizione del generale Pollari, in ordine ai compiti ed ai profili di attività del Sismi concernenti le materie oggetto dell'inchiesta.
L'odierna audizione potrà costituire l'occasione per acquisire dati ed elementi informativi in merito ai profili di conoscenza per quanto di competenza del servizio, inerenti all'attuale evoluzione dei rischi terroristici legati ai depositi di scorie radioattive presenti nel territorio nazionale e all'eventualità di traffici illeciti di rifiuti radioattivi da parte della criminalità organizzata e sulle problematiche connesse con le funzioni esercitate dal Sismi in tale specifico settore.
Nel rivolgere un saluto ed un ringraziamento per la disponibilità manifestata, do subito la parola al generale Pollari, riservando eventuali domande dei colleghi della Commissione in esito alla sua relazione.

NICOLÒ POLLARI, Direttore del Sismi. La ringrazio, signor presidente, e mi permetto di porgere il mio saluto ai parlamentari intervenuti. Considero un grande privilegio essere qui per rappresentare, con riferimento alle competenze dell'istituzione che dirigo, gli aspetti più propriamente di interesse di questa Commissione e per illustrare lo stato dell'arte e le prospettive future. Farò riferimento a prospettive storiche per necessità di inquadramento metodologico e a prospettive attuali per aderenza alla situazione.

PRESIDENTE. Laddove lo ritenesse necessario, possiamo segretare la seduta.

NICOLÒ POLLARI, Direttore del Sismi. Mi permetterò di approfittare di questa sua cortesia se dovessi introdurre argomenti o riferire su aspetti che lo richiedano.
Il Sismi ha fra i compiti primari l'attività di contrasto alla proliferazione di armi di distruzione di massa. La locuzione implica un'estensione di ipotesi e di prospettive estremamente ampia che va dall'attività di procurement illecita, ai programmi di proliferazione all'interno dei singoli paesi e ovviamente, ratione materiae, agli aspetti specifici che attengono a tali settori.
Quando si parla di proliferazione di armi di distruzione di massa il pensiero viene immediatamente rivolto agli aspetti più significativi che sono quelli nucleari, radiogeni, chimici e biologici, ma vi sono aspetti concomitanti di altrettanta pericolosità sui quali mi soffermerò brevemente.
In questa prospettiva, l'attività di intelligence del servizio è stata rivolta verso finalità difensive e offensive. Le prime volte ad impedire che vi fosse la possibilità di creare vie di facilitazione a chi avesse interesse a utilizzare a nostro pregiudizio questo tipo di armi; le seconde volte ad un'attività di contrasto e di monitorizzazione, in coerenza con l'azione di Governo e delle organizzazioni sovranazionali cui apparteniamo, come la NATO, l'Unione europea e l'ONU, e comunque in correlazione con i paesi amici, che coltivano obiettivi affini ai nostri.
In via ordinaria, l'attività è stata segnatamente rivolta verso i settori cui prima ho fatto riferimento e naturalmente essa non è rivolta solo a fattualità prefigurabili con certezza, ma anche ad ipotesi di pericolosità. Per esempio, lo sviluppo di un programma nucleare di un paese, più o meno dichiarato, può avere aspetti che possono rappresentare indicatori di sviluppi non propriamente civili, ma con ambizioni o prospettive militari. Questo programma non si rivela semplicemente attraverso la conoscenza di acquisizioni o di lavorazioni di materiale fissile, ma anche attraverso la conoscenza dell'acquisizione di particolari tecnologie. Rammento che un programma nucleare standard contempla tre macro momenti di rilievo: la scelta del materiale nucleare di interesse, che può essere plutonio o uranio 238, grezzo, che ordinariamente per concentrazione gassosa viene trasformato in uranio 235 e utilizzato nei cicli produttivi; la tecnologia delle fonti di innesco e, aspetto forse meno evidente ma altrettanto se non più importante, la conoscenza delle regole di calcolo (oggi le regole di calcolo più ordinariamente conosciute sono i cosiddetti "codici di Montecarlo") e la tecnologia delle simulazioni, che rappresentano il secondo momento, assolutamente irrinunciabile, che serve per portare avanti in termini concreti un programma nucleare e ne sono l'indicatore più forte.
Attorno a questi momenti ruota l'attività di controllo del servizio che è rivolta alla conoscenza sia della progettualità, sia della fattualità, sia, in particolare, delle attività di procurement che nel mondo vengono attuate ordinariamente attraverso triangolazioni, perché i paesi che hanno sottoscritto atti e convenzioni di non proliferazione non consentono la negoziazione di beni che comunque possono essere riferibili a programmi nucleari. Fra questi vi sono naturalmente anche beni dual use o plural use: intendo riferirmi alle camere di compensazione, alle turbine, a determinati elementi forniti dalla tecnologia, come tubi con particolari caratteristiche che possono girare milioni di volte al secondo e che sono necessari per la concentrazione gassosa dell'uranio e sono precisi indicatori dell'esistenza di un programma nucleare. Andrà poi stabilito, attraverso altre evidenze, se si tratti di un programma civile, compatibile con gli accordi sottoscritti, oppure di un programma militare.
È evidente che l'acquisizione da parte di un paese di turbine elettriche che abbiano una certa potenzialità, in presenza di conoscenze che autorizzano a supporre che l' economicità della gestione sia compatibile con il 20 per cento di utilizzo di quelle turbine, fa residuare il dubbio che sia abbastanza improbabile sostenere un costo molto importante, in assenza di un programma di sviluppo conoscibile e realistico, per quel tipo di uso. Ciò dà adito al sospetto di altri usi, che vanno chiariti. Intendo dire che è molto improbabile che per il trasporto di una bottiglia si provveda all'acquisto di un camion a rimorchio; vi è un'incongruenza, un elemento che dà adito a pensieri. Questa è la lunghezza d'onda con la quale si tende a valutare la prospettiva nel mondo che è estremamente complessa e di cui il nostro paese, assieme ad altri, è permeato.
Il secondo aspetto di interesse del servizio, con riferimento al controllo di materiale sensibile, specie quello cui ho fatto riferimento, attiene a profili diversi, come il fatto che la criminalità organizzata o organizzazioni di criminalità economica possano inserirsi nelle procedure di smaltimento di determinati residui, rendendole estremamente economiche o addirittura possibili, laddove possibili non sono, come nel caso di materiale apparentemente inutilizzabile o non più suscettibile di un proficuo uso economico da parte dell'impresa, per la quale può rappresentare un costo, che può essere estremamente appetibile per altri che intendono destinare tale materiale ad altro tipo di utilizzo.
Il salto di qualità che, rispetto a queste prospettive, è avvenuto dopo l'11 settembre è il seguente. Mentre prima dell'11 settembre le nostre possibili controparti, i soggetti che erano considerati le nostre controparti, erano di massima gli Stati, dopo quel giorno possono essere organizzazioni diverse, che hanno dimensioni ragguardevoli, magari raggiungendo un'estensione planetaria, ma Stati non sono. Queste organizzazioni sono interessate a tali vicende anche se non specialmente per motivi di terrorismo internazionale. Credo che una delle prospettive delle attività terroristiche, oggi, sia quella di arrecare danni sia materiali sia in termini di allarme sociale. Non c'è dubbio che, per una serie di motivi che è facile intuire, la prospettiva di una contaminazione nucleare o della contaminazione chimica di un acquedotto rappresenterebbe un grande successo per un'organizzazione terroristica, perché gli effetti mediatici e di terrore sarebbero sicuramente tali da risultare "remunerativi" per l'organizzazione stessa.
Dicevo che il problema rileva per due aspetti, anche con riferimento alle organizzazioni terroristiche, perché occorre avere riguardo alla prospettiva che queste organizzazioni si occupino di tali problemi nella considerazione di poter fare un uso improprio di questi materiali o, addirittura, di finanziarsi: creare le condizioni ambientali perché avvenga uno stoccaggio improprio di questi materiali in una zona dove non sarebbe consentito, infatti, significa - se l'obiettivo non è quello di utilizzarli direttamente - procurarsi risorse cospicue che altrimenti sarebbe difficile acquisire.
Mi sono limitato a illustrare alcune delle ipotesi di lavoro che ci si presentano. Mi soffermerei adesso su alcuni aspetti particolari, anche se lo spettro cui ho fatto riferimento è abbastanza rappresentativo della realtà e delle ragioni che inducono il servizio ad occuparsi di questo. La parte principale di questi traffici è per definizione transnazionale, se non internazionale. Chi consultasse statistiche che danno conto dell'andamento nel tempo dei fatti e delle prospettive che sono stati oggetto di rilevazioni, noterebbe che vi sono dei picchi significativi. Per esempio, se ne registra uno intorno alla metà degli anni novanta, tra il 1995 e il 1996, nel traffico di materiali nucleari come scorie o barre. Era probabilmente collegato ad eventi tipici della ex Unione Sovietica, indotti da varie ragioni: innanzitutto, dalla disponibilità fisica del bene, poi dall'estrema modestia degli stanziamenti di bilancio, quindi dallo stimolo implicito a potersi finanziare in modo abbastanza facile. Vi sono state evidenze di questi flussi verso alcuni paesi ben determinati che hanno evidentemente creato delle remore per chi faceva ciò con disinvoltura, e infatti questo picco è venuto meno. Ma la casistica di ipotesi di lavoro è veramente ricca. Per esempio, vi sono centrali nucleari in alcuni paesi dell'Africa da cui, ad un certo punto, sono sparite barre di uranio che hanno fatto il giro del continente, e poi sono state trovate altrove, addirittura in Italia.
Vi è un altro aspetto di grande interesse, per quanto ci riguarda, più prettamente difensivo piuttosto che offensivo, anche se lo guardiamo pure in quest' ottica - perché ci sono situazioni che si prestano ad essere considerate per la pericolosità intrinseca che esprimono -, riguardo ad attentati o ad usi impropri di materiali, perché si può presentare l'opportunità di approvvigionamenti da parte di persone che mirano a questo. Mi riferisco ai siti nucleari presenti nel nostro paese. Come è noto, in Italia si è svolto un referendum, all'esito del quale certe attività - se non quelle scientifiche - sono cessate. Però vi sono undici più due siti in Italia, che posso elencare, dove è custodito materiale radioattivo.

PRESIDENTE. Perché ha detto "undici più due"?


per vedere la mappa degli attuali depositi temporanei di materiale radioattivo in Italia



NICOLÒ POLLARI, Direttore del Sismi. Perché undici sono siti industriali mentre due sono siti dove si svolgono sperimentazioni scientifiche, non sono siti di utilizzo vero e proprio: esattamente, si tratta di centri di ricerca. Questi siti rappresentano un elemento di pericolosità per la disponibilità di materiale radioattivo. Naturalmente, intendo riferirmi ai macroproblemi. Per esempio, la centrale elettronucleare ex Enel di Trino Vercellese, che è di tipo ad acqua in pressione, fuori servizio e gestita dalla Sogin. A questa centrale sono annessi una piscina di deposito del combustibile irraggiato e un deposito di rifiuti radioattivi a bassa e media attività, in parte condizionati e in parte no.
Vi è poi la centrale elettronucleare ex Enel di Caorso, del tipo ad acqua bollente, fuori servizio e anch'essa gestita dalla Sogin, con annessa piscina di deposito di combustibile irraggiato e con deposito di rifiuti radioattivi a bassa e media attività, anche in questo caso in parte condizionati e in parte no. Cito poi la centrale elettronucleare ex Enel di Latina, di tipo a graffite e gas, fuori servizio, gestita dalla Sogin, in cui è ancora presente la grafite radioattiva nel core del reattore. Come è noto, la grafite è un materiale in grado di bruciare ed il fuoco è uno dei mezzi di propagazione più pericolosi che vengono considerati.
Ricordo anche la centrale elettronucleare ex Enel del Garigliano, del tipo ad acqua bollente, fuori servizio anch'essa, gestita dalla Sogin, con annesso deposito di rifiuti radioattivi a bassa e media attività condizionati. Vi è poi il deposito centralizzato di combustibile irraggiato presso la piscina del reattore di Avogadro di Saluggia, che è in servizio ed è gestito dalla FIAT Avio. Se ne prevede, nel senso che è in corso se non è già stato fatto, il trasferimento alla Sogin.
Ricordo l'impianto pilota di riprocessamento dell'Eurex di Saluggia, fuori servizio, gestito dall'ENEA. Anche qui si prevede, nel senso che è in corso, il trasferimento alla Sogin. A questo impianto sono annessi una piscina di deposito di combustibile irraggiato, un deposito di scorie e rifiuti radioattivi liquidi, acquosi, organici, non condizionati, e di rifiuti solidi condizionati e non.
Credo che in altre audizioni persone autorizzate a farlo vi abbiano detto che sono in corso delle misure fisiche di tutela di questi siti. Introduco questa valutazione incidentale perché ho fatto riferimento a rifiuti radioattivi liquidi, che sono fra i più pericolosi, in quanto suscettibili di contaminazione anche solo per esondazione del Po. Trovandosi alla confluenza di due fiumi, risulterebbe che, in tempi non molto remoti, questo pericolo sia stato reale. Noi stessi, per spirito di servizio e a titolo di contributo, abbiamo effettuato un sopralluogo fornendo indicazioni quanto meno per evitare che vi fossero facili vie di accesso alla violazione del sito. Ma questi siti che contengono rifiuti liquidi meritano un'attenzione assolutamente prioritaria rispetto agli altri, perché sono assai pericolosi sotto ogni punto di vista, e si tratterebbe di un pericolo non controllabile qualora questi liquidi fuoriuscissero per una qualsiasi ragione.
Vi è poi l'impianto pilota di riprocessamento Itrec di Rotondella (Matera), fuori servizio, gestito dall'ENEA e in trasferimento alla Sogin, con annessa piscina di deposito di combustibile irraggiato, con deposito di rifiuti radioattivi liquidi acquosi organici, in parte già condizionati e di rifiuti solidi condizionati e non. Ricordo anche l' impianto pilota di fabbricazione di combustibile di uranio e plutonio della Casaccia (Roma), fuori servizio, gestito dall'ENEA, in trasferimento alla Sogin, con annesso deposito di rifiuti radioattivi contaminati con plutonio; si tratta di rifiuti non condizionati. Vi è poi l' impianto sperimentale delle celle calde della Casaccia, fuori servizio, gestito dall'ENEA, anch'esso in trasferimento alla Sogin per via delle misure di legge adottate nel recente passato, con modestissime quantità di rifiuti solidi condizionati.
Cito poi l' impianto industriale di fabbricazione del combustibile nucleare di Bosco Marengo, fuori servizio, gestito dalle Fabbricazioni Nucleari Spa, società a maggioranza ENEA, anch'esso in trasferimento alla Sogin. In questo impianto sono presenti scarti delle lavorazioni - circa cinquanta tonnellate - di uranio leggermente arricchito e naturale non irraggiato. Vi è poi l'impianto industriale, in esercizio, per il trattamento e il condizionamento dei rifiuti liquidi e solidi a bassa e media attività, di origine industriale, di ricerca e medico sanitaria, nonché il deposito temporaneo di rifiuti solidi condizionati di seconda e terza categoria di sorgenti industriali impiegate nel campo medico sanitario gestito dalla Nucleco, società ENI-ENEA presso il centro Nucleco della Casaccia, qui a Roma.
Vi sono poi gli ultimi due siti, che ho citato separatamente. Il primo è il laboratorio deposito del Centro di ricerca Cisam di Pisa, che so essere oggetto di un'interrogazione parlamentare dell'onorevole Lion proprio in questi giorni, che fa riferimento a questo sito come una centrale segreta. In essa si pongono domande con riferimento sia al sito sia alle scorie e, inoltre, al tipo di segreto o tutela cui è sottoposto tale sito. L'altro è il Centro di ricerca di Ispra, con laboratorio, deposito e impianti. È noto che vi è stata una prima messa in sicurezza di questi impianti, laboratori e centrali, con un'azione di trattamento e condizionamento dei materiali, dei rifiuti radioattivi solidi e liquidi presenti.
Secondo un criterio estremamente opinabile che ci siamo in qualche modo dati - ma che non ha dignità scientifica, trattandosi di parametri di riferimento che utilizziamo per nostro uso - abbiamo suddiviso questi impianti in base al diverso grado di pericolosità. Avremmo considerato in termini decrescenti di pericolosità due centrali-impianti del Piemonte e la centrale dell'Emilia-Romagna e a livello alto di pericolosità le altre due centrali-impianti del Piemonte, una del Lazio e una in Basilicata (naturalmente, si tratta di quelle che ho citato prima). A pericolosità sempre decrescente, connessa alla tipologia delle scorie e dei rifiuti, sono due centrali-impianti nel Lazio, mentre di bassa pericolosità sono un impianto in Lombardia, una centrale-impianto nel Lazio e una centrale-impianto in Campania.
L'interesse maggiore, nell'ultimo periodo, con riferimento a queste strutture e alle altre che hanno dimensione e valenza minori, è stato rivolto al pericolo che abbiamo avvertito sia a livello intuitivo sia per indicazioni di intelligence che abbiamo avuto nel tempo (omissis).
Sono state fatte delle riflessioni, in sedi che non consideriamo le più adeguate, sulla possibilità di utilizzare queste opportunità per massimizzare l'effetto mediatico e per avere un'evidenza e un effetto-annuncio come quello che queste organizzazioni si prefiggono. Abbiamo fatto allora una serie di segnalazioni formali, come quella di cui ho parlato - che è semplicemente una segnalazione ricognitiva con qualche indicazione tecnica concomitante sulla pericolosità a seconda del tipo di attacco -, alle autorità di pubblica sicurezza, agli organi deputati a ciò, perché attivassero delle misure che consentissero almeno una difesa attiva ragionevole (omissis).
Abbiamo valutato remota la possibilità dell'impatto di un aereo non militare su questi siti, ma non da escludere dal campo delle eventualità. Tradizionalmente si è pensato alla difesa da aerei militari o da aerei da turismo, perché difficilmente in passato si è fatto riferimento ad aerei di linea, come invece poi tragicamente si è verificato. Non credo che oggi sia probabile un evento di questo genere, ma non mi sentirei di escluderlo d'emblée e quindi credo che vi sia una doverosa esigenza di riflessione sul pericolo potenziale, sulla sua probabilità astratta e su ciò che ne deriverebbe come danno e come estensione del danno nel concreto.
Ci siamo preoccupati essenzialmente di valutare il tipo di attacco terroristico che potrebbe interessare questi siti e abbiamo prefigurato tre livelli di approccio: rischio di attacchi al reattore, laddove esiste, e al combustibile nucleare, laddove ve n'è ancora, alle scorie, ovvero ai materiali irraggiati; rischio che deriva dalla possibilità di attivare un terrorismo radiologico, che utilizzi per i propri scopi materiale radioattivo; rischio derivante da problemi di origine interna, legati a potenziali sabotaggi ovvero a furti dall'interno di materiale nucleare.
Occorre dire che, in linea generale, quando si parla di pericolo in questa direzione, l'approccio tecnico alla sua valutazione ha tre aspetti: quello più generale è riferito all'oggettiva pericolosità di un'installazione e di una sostanza e alle conseguenze dannose che possono derivare; viene considerata poi la probabilità, cioè la possibilità stimata che la pericolosità temuta possa essere attuata; infine, vi è il rischio reale, ossia il prodotto della pericolosità e della probabilità, associato ad un particolare elemento che può essere un sito o un elemento materiale (la cosiddetta "area di rischio").
Non siamo propensi a supporre che oggi sia possibile di per sé l'utilizzo di quelli che vengono definiti "congegni nucleari improvvisati". Lo diciamo perché siamo convinti, sulla base di indicatori tecnici abbastanza ragionevoli, che sia estremamente difficile gestire questo tipo di tecnologia a quei livelli e perché probabilmente chiunque disponga di un ordigno nucleare e non sia in possesso delle tecnologie corre il "rischio" di non sapere far esplodere l'ordigno. Riteniamo invece che sia possibile e semplice l'utilizzazione di ordigni radiologici, quelli che giornalisticamente vengono identificati come "bombe sporche". L'utilizzo di ordigni radiologici, con acquisizione di materiale contaminato, scorie o quant'altro, e le azioni contro impianti nucleari rappresentano, per quanto ci riguarda, i principali profili di criticità nel nostro paese, che noi valutiamo come temibili e possibili. Non ci sono soglie che ci autorizzano ad attivare un allarme significativo in questa direzione, ma riteniamo che sia doveroso prefigurare questa eventualità e fare in modo che non vi siano vie di facilitazione per chi voglia realizzare queste azioni.
È parecchio che interagiamo con istituzioni pubbliche e private del nostro paese. Ci siamo detti in modo molto crudo cose che non sempre erano piacevoli da sentire e penso di poter dire con serenità che abbiamo intrapreso un cammino di consapevolezza e di concretezza attuativa che ha rimosso situazioni che qualche tempo fa - non molto - potevano preoccupare. Cito fatti che mi è stato assicurato non esistono più: vi erano impianti circondati da una rete metallica, vigilati da una o due guardie giurate in un casotto non a tenuta stagna, con impianti di allarme verso le stazioni di polizia o dei carabinieri viciniori.
Abbiamo fatto dei calcoli teorici, prima di creare uno stimolo a chi di dovere nelle sedi proprie (omissis). Abbiamo fatto rilevare, a suo tempo, nelle sedi proprie, che era il caso di non consentire la possibilità teorica che un camion pieno di esplosivo potesse calpestare una rete di recinzione e andare su un obiettivo sensibile (omissis). Oggi ci sono anche degli ostacoli fisici che non consentono più che ciò avvenga, ma forse qualche tempo fa poteva avvenire.
Vorrei ora soffermarmi sul pericolo di aggressione all'interno del nostro paese. La prima possibilità che abbiamo considerato è quella che discende dall'evidenza dei fatti più tragici degli ultimi tempi, cioè la possibilità di attacchi aerei. Prima dell'11 settembre nelle pianificazioni generali di sicurezza, non solo italiane, questa ipotesi era considerata come un fatto teorico, un fatto limite. Il bombardamento dell'impianto nucleare iracheno da parte di Israele 15 anni fa era considerato un fatto strategico limitato, non necessariamente espressivo di una possibilità realistica, anche perché la controparte avrebbe dovuto essere un paese per usare un aereo militare. Devo dire che rispetto a questa prospettiva di pericolosità, se fosse stata limitata all'aereo militare o al piccolo aereo da turismo, c'era un discreto livello di tranquillità perché le parti vitali degli impianti e delle installazioni sono ordinariamente progettate per resistere anche all'impatto di un aereo che si muove a velocità subsonica. Vi sono dei parametri cinetici e non è possibile costruire questo tipo di impianti se non nel loro rispetto (un impatto massimo di 11 mila tonnellate). Oggi non possiamo vivere con l'angoscia che gli eventi tragici dell'11 settembre 2001 si ripetano, però dobbiamo avere la consapevolezza astratta che il problema esiste. Allora bisogna verificare se i parametri di cui ho parlato siano ancora utili. Forse è bene che nelle sedi proprie si rifletta.
Noi abbiamo considerato e abbiamo fatto valutare dalle nostre strutture tecniche l'ipotesi di un impatto kamikaze da parte di un aereo di linea portato a schiantarsi su un deposito di rifiuti o di scorie radioattive di materiale nucleare con l'obiettivo di procurarne la distruzione e l'incendio. I parametri che abbiamo preso in considerazione sono riferiti ad un Boeing 777 e sono significativamente diversi rispetto a quelli che tradizionalmente venivano considerati per la protezione di questi siti. Abbiamo calcolato pressoché invariata la velocità di impatto, ma abbiamo tenuto conto di alcune obiettive, preliminari diversità di opzione, non solo dimensionali. Innanzitutto il Boeing 777 rispetto ad un aereo militare di grande livello ha un carico di carburante 50 volte superiore, una massa 15 volte maggiore, un'area di impatto 4 volte maggiore. I parametri sono sostanzialmente quelli valutati al decollo o, peggio ancora, all'impatto: per quanto riguarda la massa dell'aereo, quella di un caccia militare è di 20 mila chili, quella di un Boeing 777 è di 297 mila chili; la velocità all'impatto è quasi identica: 800 chilometri orari per il caccia militare e 920 chilometri orari per il Boeing; l'angolo di impatto è perpendicolare per entrambi; l'area di impatto varia da 7 metri quadrati a 27 metri quadrati; il carico di carburante varia da 3 mila chilogrammi a 171 mila chilogrammi. Come dicevo, è un'opzione estremamente remota, ma astrattamente possibile e nelle sedi proprie si sta ragionando anche su di essa.
La seconda opzione che abbiamo considerato è l'attacco con autobomba, possibile quando l'automezzo può entrare, oppure quando viene utilizzato per sfondare la recinzione. Poiché è una tattica possibile laddove vi sia una scarsa attenzione per le misure fisiche di sicurezza esterne, come in qualche caso tempo fa forse avveniva anche da noi, vi è bisogno di massima cautela e di un'urgente predisposizione di misure, che nel nostro paese è avvenuta. Non credo che oggi i siti a maggiore rischio presentino una vulnerabilità immediata a questo tipo di prospettive. È possibile invece che un attacco terroristico possa essere attuato mediante l'uso di bombe fatte esplodere dall'esterno.
Vi è poi un problema, che non riguarda solo l'Italia, di difesa antiaerea dei siti. Credo che un discorso costruttivo in questa direzione possa essere praticabile sotto il profilo tecnico forse in concomitanza con la realizzazione del deposito unico nazionale, che mi risulta sia in via di considerazione proprio in questi giorni.
Allo stato, qualunque tipo di difesa aerea avrebbe una valenza estremamente modesta e relativa, se non quasi nulla, perché la maggior parte delle strutture che prima ho citato è a pochi minuti di volo dagli scali aeroportuali. Cito il caso di Saluggia, dove vi sono piscine con residui liquidi a poche decine di chilometri dall'aeroporto di Caselle a Torino raggiungibili in tre minuti di volo.
Il terzo tipo di minaccia che abbiamo considerato attiene al ciclo del combustibile, cioè al fatto che il combustibile e i suoi residui siano oggetto di trasporto. Scorie e rifiuti radioattivi oggi vengono trasportati, spostati e custoditi con contenitori metallici schermati detti cask. Il pericolo realistico di attacco a tali contenitori ha una sola prospettiva: il pericolo di furto è estremamente remoto, trattandosi di contenitori di dimensioni e peso che non ne consentono un facile trasporto, però esiste il pericolo di attacchi al momento del trasporto con lanciarazzi contro carro portatili. Tale pericolo non è remoto per le seguenti ragioni: questo tipo di arma è molto facile da reperire nei circuiti del traffico illecito di armi; si tratta di armi compatibili per dimensioni, peso e facilità d'uso, anche con le esigenze di un piccolo ed isolato gruppo terroristico; sono dotate di potenza adeguata per raggiungere lo scopo; hanno una gittata sufficiente (300-500 metri) per operare in condizioni di stand off, evitando quindi confronti diretti con le scorte.
Faccio riferimento alle caratteristiche standard dei cask. Dicevo che il furto è difficile perché a pieno carico pesano 58 tonnellate e mezzo. Possono ospitare fino a un massimo di dieci elementi di combustibile, tipo Garigliano. Hanno in genere forma cilindrica e ingombri esterni cospicui. Sono compatibili per via ordinaria, quanto ai trasporti, per ferrovia e per nave. Sono lunghi poco più di 5 metri e hanno un diametro di poco più di 2 metri e 20. È chiaro che non sono compatibili per un operazione di furto, perché occorre un organizzazione che non consente colpi di mano, ma sono vulnerabilissimi ad attacchi del tipo che ho descritto, anche se la pericolosità delle radiazioni che ne discenderebbe è valutata di bassissimo profilo. Il problema è che un attacco di questo genere non rifletterebbe il danno che realisticamente potrebbe indurre o creare, ma immagino che ci sarebbe un effetto di allarme molto alto sull'opinione pubblica, e specialmente una percezione abbastanza diffusa dell'insicurezza.
Il terzo tipo di minaccia è quella collegata al cosiddetto rischio interno, nel senso che vi possono essere atti di infedeltà o di trascuratezza. Dobbiamo affidarci - e credo sia giusto, perché so che si tratta di dati che hanno una valenza scientifica - agli studi che in questo senso ha condotto l'AIEA. Una prima considerazione di carattere generale con riferimento a questo tipo di rischio che discende dagli studi dell'AIEA è data dalla circostanza che la causa maggiore di queste violazioni è dovuta al fallimento delle misure di sicurezza, fallimento non attribuibile ai sistemi tecnici, bensì alla mancanza dell'osservanza delle procedure da parte degli addetti alla sicurezza e ai controlli. Questo tipo di minaccia è particolarmente insidioso sia perché nasce all'interno della struttura ed è decisamente difficile da prevedere, sia perché coloro che sono all'interno della struttura hanno o dovrebbero avere, per definizione, una perfetta e completa conoscenza della vulnerabilità del sistema sia sotto il profilo tecnico sia sotto quello della sicurezza.
Secondo le osservazioni dell'AIEA, questo tipo di prospettiva esprime un alto livello di pericolosità per la possibilità non remota che gruppi terroristici possano cercare di infiltrare all'interno, o di arruolare dall'esterno, personale delle organizzazioni che a vario titolo trattano questi materiali nucleari.
Altro tipo di minaccia è l' attacco radiologico di matrice terroristica. Devo dire che in questo caso, anche secondo valutazioni che sono estranee alla mia struttura, essendo dell'AIEA, il furto di materiale radioattivo dai siti vari è facilissimo, ma richiede personale che si sovraesponga a un livello di rischio alto, perché poi deve gestirlo, mentre offre un'ampia gamma di possibilità di acquisizione di materiale, perché non sono solo i siti principali quelli che dispongono di questo materiale, ma se ne trova anche in campo industriale e nel settore delle terapie medico-sanitarie. Questo materiale è intrinsecamente assai pericoloso per sua natura: a fattor comune, in tutti i paesi del mondo, specialmente quello industriale e quello sanitario, è soggetto a scarsità di controlli, perché manca una disciplina organica di controllo; di norma è contenuto in contenitori facilmente asportabili. Naturalmente, gli autori del furto non devono avere - per definizione o per loro convinzione - grande considerazione per la loro salute fisica, perché ne avrebbero grande pregiudizio.
Un ordigno radiologico è realizzabile in termini di estrema facilità, con capacità tecnologiche molto modeste. Tra l'altro, vi sono siti Internet che soccorrono laddove qualcuno avesse bisogno di istruzioni, di queste informazioni. Diciamo che cesio 137 e cobalto 60 sono fra i prodotti più largamente diffusi e fra i più largamente utilizzati nelle strutture medico ospedaliere.
Il modo per la diffusione è essenzialmente quello mediante aerosol, introducendo un ordigno esplosivo, oppure il fuoco. E in questo senso il pericolo maggiore può derivare, proprio attraverso il fuoco, dall'uso di bombe sporche, magari inserite in bombe a mano alla termite o al fosforo, o anche bombe da mortaio. In questo caso, è molto difficile spegnere il fuoco e la diffusione sarebbe abbastanza rapida e perniciosa. È una tecnologia, come ho detto, di bassissimo livello e che, chiaramente, è di largo impatto emozionale. Si tratta di un rischio di difficile prefigurazione quanto a estensione e possibilità di realizzazione per le ragioni che ho richiamato: non è difficile procurarsi il materiale, aerosol, bombe o fuoco.
Per quanto riguarda la mia illustrazione, ho omesso, naturalmente, di fare analogo ragionamento ma, mutatis mutandis, il problema si pone negli stessi termini, essendo una questione di sicurezza dei siti e di disponibilità delle risorse, per quanto attiene ad altri materiali o ad altre scorie suscettibili di pericolo. Intendo riferirmi a quelle chimiche, e, quando vi sono, a quelle biologiche. L'attività che il mio servizio svolge in questa direzione è di ricognizione preventiva e di studio delle prospettive di pericolo, e poi di contrasto, ma contrasto intelligence, naturalmente, perché cerchiamo di acquisire elementi informativi in Italia e all'estero che ci consentano di prevenire e di informare chi di dovere sulle soglie di pericolosità o i pericoli immediati, quando ne conosciamo i termini. Mi riferisco alle forze di polizia o comunque alle amministrazioni più direttamente coinvolte in questo tipo di responsabilità.
Sono a disposizione per qualunque tipo di domanda o per qualsiasi precisazione che possa essere utile, augurandomi di aver fornito un'idea dell'attività e degli interessi della mia istituzione in questo settore.

PRESIDENTE. La ringrazio. Do la parola ai colleghi che desiderano intervenire.

GIUSEPPE SPECCHIA. Ringrazio il generale per la relazione davvero esauriente e molto interessante. Tra l'altro, proprio ieri ci siamo occupati di rifiuti radioattivi.
Per quanto riguarda la sua esperienza, anche in passato abbiamo avuto notizie di traffici di rifiuti radioattivi, di interesse della criminalità. Anche lei, all'inizio, ha richiamato la presenza della criminalità in questo settore. Poiché la nostra Commissione si occupa anche di questo, vorrei sapere qualcosa di più - anche se non numeri dettagliati - sull'attuale consistenza di questo fenomeno.

PRESIDENTE. Il Sismi ha una divisione, credo sia l'VIII, che tra i suoi compiti istituzionali ha proprio quello di monitorare i rifiuti nucleari, radioattivi e tossico-nocivi. Per quanto riguarda il traffico di rifiuti internazionale, sia sul fronte della storicizzazione del fenomeno sia su quello dell'intelligence più recente, vi sono fatti, indicazioni, aspetti che inducano a ritenere che questo traffico va aumentando piuttosto che diminuendo, che vi siano condizioni sociogeografiche e politiche che lo alimentano? Qual è lo stato dell'arte su questo fronte?
Lei saprà certamente che vi fu un accordo, un po' imprenditoriale e un po' internazionale, denominato Urano, per lo smaltimento nella depressione del deserto spagnolo di rifiuti tossico-nocivi. Poi sembra che questo progetto sia abortito, secondo alcuni, o, secondo altri, che sia stato ulteriormente alimentato e probabilmente utilizzato altrove. Cosa vi risulta a questo proposito?
La nostra Commissione non ha interesse né intenzione di occuparsi della vicenda di Ilaria Alpi riguardo all'omicidio. Ci interessa invece capire se dietro a quell'omicidio vi fossero situazioni riguardanti il traffico di rifiuti. Il ministro Frattini nel 2002 ha autorizzato la trasmissione all'autorità inquirente di tutte le informative riguardanti la vicenda. In cosa consistono, sostanzialmente, riguardo al traffico di rifiuti?
Do la parola al generale Pollari.

NICOLÒ POLLARI, Direttore del Sismi. Come ho detto in esordio, la prospettiva di interesse non solo del mio servizio, ma segnatamente del mio servizio - perché devo rispondere alle mie prospettive di interesse professionale -, riflette quello che succede staticamente nel nostro paese e quanto accade dinamicamente nel nostro paese e nel mondo.
Il problema delle scorie e dei rifiuti ha due prospettive. La prima è quella di carattere industriale e di sicurezza; l'altra è quella di carattere terroristico-militare, con riferimento all'uso improprio di questi materiali.
Riguardo alla prima prospettiva, il problema è "toglierseli di torno" (dico cose ovvie, ma per rendere più chiaro il discorso), cioè metterli da qualche parte. Questo ha un'implicazione immediata, cioè quali sono i costi, quali le regole che bisogna osservare e in che misura è possibile. Il costo, infatti, non è sempre risolutivo del problema. Basti pensare che il nostro sistema-paese ha chiesto la vetrificazione di alcune scorie all'Inghilterra, per portare dallo stato liquido, che è pericolosissimo, allo stato solido, materiali che mi risulta siano ancora lì. Ho letto che l'Inghilterra desidererebbe rinviarceli. Rispetto a questa prospettiva di ritorno, si pongono delle difficoltà oggettive a livello di paese. Immagino che queste difficoltà probabilmente riguardino soggetti interni del nostro paese. Talvolta la soluzione esiste, ed è percorribile, magari con costi molto alti. Quando la soluzione esiste, il problema riguarda i costi. Possono intervenire, infatti, i fenomeni legati agli intermediari: quando non si tratta di casi, bensì di fenomeni, è difficile che queste intermediazioni non siano oggetto dell'attenzione della criminalità organizzata.
Si pone poi un problema di smaltimento. A volte esistono regole e ci sono siti per lo smaltimento; altre volte il problema si pone. Il sito di smaltimento deve essere individuato, ma non sempre questa indicazione è disponibile immediatamente. Allora ci può essere chi agisce da intermediario offrendo dei "servizi", partendo da quelli di semplicissima "assicurabilità" (ma pericolosissimi): sembra che nel passato alcune aziende si affidassero a dei soggetti autorizzati allo smaltimento dei materiali, e che questi soggetti poi aprissero i rubinetti per strada liberandosi del carico. Sono fatti noti alle cronache anche giudiziarie del nostro paese. Altre volte, invece, si ricorre all'uso di siti impropri, all'insaputa degli abitanti della zona e delle autorità. Certe volte questa filiera si conclude al di fuori dei confini nazionali con implicazioni che riguardano altri paesi che sono i destinatari, quantomeno geografici, più o meno consapevoli di ciò. È evidente che discorsi di questa natura non sono gestibili se non con la complicità di Stati ovvero di macro organizzazioni criminali. Il nostro è un paese ordinariamente fornitore di scorie e di rifiuti, ma in qualche caso è anche destinatario, perché qualcuno trova dei siti dove occultare queste scorie. Anche di questo abbiamo notizia da fatti di cronaca, anche relativamente recenti. È ovvio che l'onere che deriva da questo tipo di smaltimento, da queste operazioni, è elevato, ma non tanto quanto lo sarebbe se si dovessero rispettare le regole.
Il problema è che a volte queste modalità sono assistite da un alibi, e spesso è problematico identificare in modo tecnico e legale una soluzione definitiva a questo tipo di esigenza. Mi risulta che la Germania abbia trovato una serie di siti dove stoccare questi materiali: mi dicono nelle miniere di salgemma, che verrebbero destinate a questo scopo. Mi si dice che i tempi di decadimento di queste sostanze oscillino dai 350 anni, nei casi più semplici, a milioni di anni nei casi più difficili, e questo aspetto ha ovviamente delle implicazioni sulle tipologie dei siti, sulle comunità e sui paesi disposti ad accogliere questi rifiuti. È chiaro che se si esce dai canali dell' ordinarietà per ragioni di natura economica, chi si occupa di gestire il problema deve avere una sua struttura e deve garantirsi la possibilità di assicurare il servizio e di solito questo avviene perché c'è qualche Stato complice in modo più o meno silente o acquiescente, oppure si tratta organizzazioni criminali che hanno la possibilità di farlo.
Alcuni paesi hanno provato a svolgere dei programmi: il presidente ha fatto cenno al caso della Spagna, che non è l'unico. Mi risulta che tutti stiano cercando di misurarsi con soluzioni più definitive, però non ho scorto fra i miei elementi di possibile conoscenza delle soluzioni domestiche, nel senso che qualcuno ha risolto in proprio il problema ma in termini molto parziali. Non credo che esistano soluzioni generalizzate o generalizzabili allo stato e questo è uno dei motivi per cui anche il nostro paese è alla ricerca affannosa di un sito unico nazionale.
Spesso, alla prospettiva di custodia e trasporto non c'è una risposta univoca e definitiva trasparente. Nel mondo l'attività connessa con lo smaltimento e la custodia e quella connessa con il commercio di questi materiali avvengono nella più evidente clandestinità. Anche qui talvolta i soggetti sono gli Stati. (omissis)
Vi è poi l'universo delle micro opportunità. Ricordo il famoso traffico di barre di uranio provenienti dalla Nigeria - di cui si sono avute notizie giudiziarie e conseguenze nel nostro paese -, tra l'altro non integre, che erano state date dagli Stati Uniti per una centrale nucleare di quel paese e che poi si sono "perse"; qualcuno se ne è appropriato (credo che ne manchino sette o otto) e alcune sono state vendute. Di situazioni simili ce ne sono moltissime e non è possibile censirle. Nel nostro paese, ad esempio, sarebbe necessario un censimento certo delle entrate e uscite delle scorie ospedaliere e quant' altro; figuriamoci cosa possa avvenire in paesi in cui le legislazioni sono meno vincolanti della nostra!
Esistono macro fatti e micro fatti; indubbiamente il valore di questi commerci è tale da rendere abbastanza improbabile che vi siano operazioni spot, in quanto esse in genere sono gestite dalle grandi correnti del crimine organizzato transnazionale.
Circa il caso di Ilaria Alpi, si sono svolti dei processi passati in giudicato e mi risulta difficile ed imbarazzante trattare di questioni che sono state definite con sentenza. So che ci sono dei pensieri, ma non dispongo di indicatori diversi da quelli che sono stati trattati in giudizio. Se ne avessi avuto la disponibilità, quando sono stato sentito l'ultima volta come direttore pro-tempore, quindi a distanza di 10 anni dal fatto, li avrei resi in tribunale, in pubblica udienza. Non mi sento, quindi di discostarmi, né formalmente né sostanzialmente, dagli esiti dei processi penali che sono stati celebrati.

PRESIDENTE. Ringrazio il generale per l'approfondita, attenta relazione che ci ha fornito un quadro interessate, straordinariamente utile per le valutazioni che questa Commissione sta facendo sul piano non solo della disamina critica ma anche delle proposte, dal punto di vista operativo e normativo.
Spero che questa sia la prima occasione di confronto e che potremo averne altre per un ulteriore approfondimento di questioni specifiche.

NICOLÒ POLLARI, Direttore del Sismi. La ringrazio, signor presidente, e mi permetto di rinnovare la mia gratitudine, anche a nome del servizio, per questa opportunità. Credo che nel tratto a venire eventuali audizioni potranno assolvere una funzione tanto più utile quanto più specifico sarà il tema oggetto di dibattito.

PRESIDENTE. Grazie, buon lavoro. Dichiaro conclusa l'audizione.


N.B.: L'ufficio di presidenza della Commissione, in data 10 luglio 2003, ha deliberato di secretare alcuni passaggi degli interventi del direttore del Sismi.



per conoscere la situazione in Italia dei rifiuti radioattivi (organi competenti, problemi e soluzioni)







fonte:  http://www.e-gazette.it/approfondimenti/ap400.htm
 

 



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