Il traffico illecito di
rifiuti pericolosi e radioattivi via mare: l'affondamento sospetto
delle "navi dei veleni"
Il "traffico illecito di rifiuti"
consiste in una qualsiasi spedizione di rifiuti che avvengono senza il
consenso delle autorità competenti interessate (paesi di destinazione
e transito), inoltre in questi casi le movimentazione di rifiuti non
sono accompagnate da corretta documentazione. Il traffico dei rifiuti
è un problema che non interessa solo l'Italia ma molti paesi del
mondo, soprattutto quelli in via di sviluppo (in quanto spesso sono i
destinatari finali dei rifiuti stessi) ed infatti la movimentazione
illegale dei rifiuti avviene sia su territorio nazionale che
internazionale.
-
Le inchieste e le indagini avviate dalle Procure
negli anni '90
-
I traffici internazionali via mare di rifiuti
pericolosi anche radioattivi
-
Il monitoraggio della radioattività lungo le
coste della Calabria e Basilicata
(1996-1997)
-
Motonave Jolly Rosso - Gli ultimi avvenimenti e l' inchiesta
giornalistica de "L'Espresso"
(giugno 2004)
-
Motonave Jolly Rosso - Gli ultimi avvenimenti e l' inchiesta
giornalistica de "L'Espresso"
(settembre e ottobre 2004)
-
Dossier "Le navi dei veleni" del WWF e di Legambiente
(settembre
2004)
-
L' armatore Ignazio Messina smentisce l'
inchiesta del giornalista Riccardo Bocca de "L'Espresso"
-
Intervista a Giorgio Comerio di Marina
Marinetti su "Panorama Economy"
(ottobre 2004)
-
Motonave Jolly Rosso - I possibili e
sconcertanti scenari che emergono dall' inchiesta giornalistica de
"L'Espresso"
(dicembre 2004)
-
Motonave Jolly Rosso - Nuove anomalie messe in
evidenza da "L'Espresso"
(dicembre 2004)
-
Ilaria Alpi e il
traffico di rifiuti e armi
(gennaio 2005)
-
Ilaria
Alpi e l' inchiesta della Procura di Reggio Calabria sui traffici
marittimi di rifiuti radioattivi
(febbraio 2005)
-
Memoriale di un
boss - Rifiuti tossici e radioattivi in Basilicata?
(giugno 2005)
APPENDICE di
APPROFONDIMENTO >>
F. Dossier "Le navi dei
veleni" del WWF e di Legambiente
(settembre 2004)
Il dossier è stato presentato il 29
settembre 2004 a Roma per richiamare l'attenzione delle istituzioni e
dei media.
La complessità della vicenda delle navi dei veleni, affermano
Legambiente e WWF, richiede lo sforzo congiunto di tutti gli organismi
istituzionali con competenze in materia. E' questo l' appello avanzato
dal Wwf e da Legambiente in occasione della presentazione del dossier
intitolato "Le navi dei veleni". Nel documento elaborato vengono
avanzate 10 proposte al Governo, al Parlamento e alle Commissioni
parlamentari d' inchiesta tra cui compiere un indagine nelle acque
territoriali italiane per individuare i relitti delle "navi a perdere"
e approfondire l' eventuale ruolo della criminalità organizzata nel
traffico illecito di rifiuti via mare.
(sotto è riportato per intero
il Dossier "Le navi dei veleni" del WWF e di Legambiente)
Le navi dei veleni
Cronistoria di un intrigo internazionale
Le proposte di Legambiente e WWF
Roma, 29 settembre
1. Premessa
C’è un fatto specifico dietro l’urgenza, avvertita da Legambiente e
WWF, di richiamare l’attenzione delle istituzioni e dei media su una
vicenda, quella delle cosiddette “navi dei veleni”, già denunciata
negli anni scorsi dalle associazioni ambientaliste: l’inchiesta ancora
aperta dalla Procura di Paola per il caso dello spiaggiamento della
motonave Rosso in località di Formiciche, nel Comune di Amantea, in
provincia di Cosenza.
I fatti in questione emergono dall’inchiesta giornalistica “Una nave
rosso veleno” del settimanale L’Espresso, a firma del capo redattore
inchieste e servizi speciali del settimanale Riccardo Bocca, ma
trovano in larga misura un’autorevole conferma in due atti
istituzionali: la risposta del 27 luglio scorso del Ministro per i
rapporti con il Parlamento, On. Carlo Giovanardi (DRP - Prot. 22003)
all’interrogazione sull’argomento presentata dall’On. Ermete Realacci
e altri e quella resa dal Sottosegretario di Stato per i Rapporti con
il Parlamento, On. Cosimo Ventucci, il 15 luglio alla Camera dei
Deputati a fronte dell’interpellanza urgente dell’On. Michele Vianello
sulla stessa vicenda.
Le fonti istituzionali e il settimanale L’Espresso riferiscono di
accertamenti e ulteriori indagini di cui ha la titolarità il sostituto
procuratore Francesco Greco della Procura della Repubblica di Paola,
tesi a dimostrare il dolo nel tentativo di affondamento e l’eventuale
l’occultamento di rifiuti speciali pericolosi e radioattivi in
relazione, rispettivamente, alla dinamica dell’incidente in cui è
rimasta coinvolta la M/N Rosso e al carico che questa trasportava di
cui non si conoscerebbe la destinazione finale.
Si tratta di un episodio specifico che rientra, però, come emerge con
chiarezza soprattutto nella già citata risposta del Ministro
Giovanardi, in uno scenario davvero inquietante, peraltro già più
volte denunciato dalle associazioni ambientaliste: quello del traffico
illecito di rifiuti pericolosi e radioattivi e delle sue possibili
sovrapposizioni con i traffici di armi. In queste vicende vengono alla
ribalta personaggi e aziende i cui nomi ricorrono in diverse inchieste
legate a queste attività illegali ma sembrerebbero emergere anche
collusioni, connivenze o fenomeni di tolleranza da parte di organismi
istituzionali dello Stato italiano e di Stati stranieri.
Uno scenario che richiede, ad avviso di Legambiente e WWF Italia sia
il massimo sostegno possibile all’autorità giudiziaria inquirente sia,
soprattutto, un fattivo e sinergico interessamento delle Commissioni
parlamentari competenti, ciascuna per quanto rientra nelle proprie
specifiche attività. Un impegno teso a delineare con maggiore
chiarezza di quanto non sia avvenuto finora protagonisti, rotte,
caratteristiche e dimensioni di questi traffici illeciti, delle
eventuali coperture di cui godono, delle azioni possibili per
contrastarli.
2. I dossier delle associazioni ambientaliste
Dal 1995 ad oggi, le associazioni scriventi hanno avuto modo di
occuparsi in diverse occasioni delle delicate e complesse vicende
oggetto di questa nota. Può essere utile riassumere i passaggi più
significati dei dossier finora prodotti:
- Legambiente nazionale nel suo
dossier “Rifiuti radioattivi: il caso Italia” del 19 giugno 1995
ricorda che la vicenda delle navi dei veleni è stata al centro del
lavoro di diverse procure (che ha visto impegnanti soprattutto il
Procuratore capo di Matera, Nicola Maria Pace, il Procuratore capo
di Napoli, Agostino Cordova, il Sostituto procuratore della Pretura
di Reggio Calabria, Francesco Neri nonché la Procura di Catanzaro e
quella di Padova).
[xxx]
Nel dossier si ricorda che le indagini svolte, in prima battuta, dal
Corpo forestale dello Stato, soprattutto attraverso perquisizioni,
hanno consentito di acquisire una ricca documentazione relativa a
questi presunti traffici: in sostanza, questa era l’ipotesi al
centro delle attività giudiziarie, era prevista la trasformazione di
alcune navi in vere e propri “depositi” affondabili di rifiuti
radioattivi. Almeno una ventina gli affondamenti sospetti.
Le indagini furono effettuate con la collaborazione dei Lloyds di
Londra perché, secondo gli inquirenti, si tratterebbe di
auto-affondamenti, con conseguente truffa ai danni della compagnia
assicuratrice.
- Legambiente nazionale il 2 febbraio
1996 nel dossier dal titolo significativo “L’intrigo radioattivo”
nel capitolo 2. Scenari internazionali e misteri italiani” cita i
seguenti dati di fatto relativi alle vicende in corso in quegli
anni:
[xxx]
la società ODM sembra aver indirizzato le proprie attività verso
Paesi, soprattutto quelli dell’ex Unione sovietica, che già
presentano serissimi problemi per quanto riguarda il controllo delle
attività nucleari, e verso Paesi africani che sembrano già essere
candidati a ospitare i nuovi cimiteri di rifiuti radioattivi;
la società ODM indica tra i siti ideali di smaltimento, una zona
immediatamente a ridosso della costa della Somalia, Paese già al
centro in Italia di inchieste sia giudiziarie che parlamentari per
le vicende connesse agli scandali sulla cooperazione e ai traffici
d’armi;
oltre alle navi su cui indaga la magistratura di Reggio Calabria
esistono altri relitti affondati nel Mediterraneo, dall’Adriatico, a
ridosso delle coste jugoslave, al basso Ionio, sulle quali non è in
corso alcuna attività di indagine, né da parte dei governi
interessati, né da parte di organismi internazionali;
nessuna verifica è stata svolta, sempre in sede internazionale,
circa i reali rapporti tra la ODM e alcuni governi europei e/o enti
di gestione di attività nucleare (in particolare la Svizzera,
l’Austria, la Francia, il Belgio, l’Inghilterra, la Germania);
i presunti traffici internazionali di rifiuti, con relativi
affondamenti in mare, hanno avuto inizio almeno a partire dal 1987;
non si è a conoscenza di nessun accertamento da parte dei servizi di
sicurezza italiani (Sismi e Sisde) il ché lascia aperte due ipotesi:
inefficienza degli stessi oppure la segnalazione di queste attività
agli organismi competenti senza, però, alcun esito;
le denunce circostanziate da parte sia dei magistrati di Reggio
Calabria che di Catanzaro sui tentativi di intimidazione e sulle
attività di controlli illegali di cui sono stato oggetto
(verosimilmente da parte di soggetti legati ai servizi segreti) non
hanno avuto, finora, alcun esito;
Legambiente ha già denunciato i forti sospetti circa un ruolo
diretto di clan della criminalità organizzata, in particolare della
‘ndrangheta, sia nei traffici internazionali di rifiuti radioattivi,
che nelle attività logistiche connesse all’affondamento delle navi;
identica segnalazione, secondo quanto pubblicato su alcuni giornali,
sono state fatte da parte del Sisde agli stessi magistrati
calabresi.
- Legambiente nazionale il 28 novembre
1996 redige il documento “La Spezia crocevia dei veleni” in cui si
afferma che il porto di La Spezia era il centro nevralgico del
malaffare ambientale italiano per le presunte attività illecite che
si svolgevano in ambito portuale e per la concentrazione a corona
della città di discariche tra cui quella di Pitelli, su cui da poco
era iniziata l’inchiesta della magistratura.
Nelle conclusioni del dossier viene rilevato, chiedendo un opportuno
intervento dell’autorità giudiziaria, che quanto accadeva all’epoca
a La Spezia è analogo a quanto avviene nelle zone più degradate del
nostro Mezzogiorno: una associazione criminale è diventata in
sostanza padrona del territorio. Nel documento vengono ricordati i
traffici di rifiuti tossico-nocivi della fine degli anni ’80 legati
alle vicende delle “navi dei veleni” e al loro trasporto e
all’occultamento nelle coste africane e mediorientali (dalla Guinea
al Libano). Viene ricordato, tra gli altri, un episodio di
importazione illegale di materiali contaminati radioattivamente,
avvenuto nel 1994: le autorità sanitarie competenti accertarono la
presenza di 16.700 tonnellate di rottami ferrosi radioattivi,
contaminati da Cesio 137 provenienti dal Sudafrica, che dopo lo
sbarco a La Spezia avrebbero dovuto essere trasferiti in Austria.
Grazie alla segnalazione di Legambiente, il carico venne rifiutato
dal Governo austriaco.
Nel dossier viene anche ricordato che nel 1993 i magistrati di
Napoli Narducci e Policastro fecero scattare l’operazione “Adelphi”
che coinvolse alcuni soggetti attivi nell’area di La Spezia.
L’inchiesta prese le mosse dalle rivelazioni di numerosi pentiti
della camorra, in particolare appartenenti ai clan che operano e
controllano la provincia di Caserta. L’operazione “Adelphi” è stata
sicuramente la prima grande inchiesta mai portata a termini in
Italia contro la “Rifiuti SpA”.
- Greenpeace nel settembre 1997 ha
pubblicato il dossier La Rete, che ha come argomento “le basi
finanziarie internazionali dei traffici illegali di rifiuti” che
descrive l’attività e i collegamenti internazionali di una rete di
faccendieri soprattutto italiani che operano nel mercato
internazionale di rifiuti e risultavano collegati alla ODM – Oceanic
Disposal Management Inc., società che pretendeva mettere in opera su
scala mondiale operazioni di seppellimento nei fondali marini di
scorie radioattive, in violazione della convenzione di Londra del
1993 sull’inquinamento marino provocato dallo scarico i n mare di
rifiuti.
ODM secondo il dossier di Greenpeace internazionale, aveva le
principale basi operative in Italia, con estensioni in Austria,
Francia, Germania e Russia. La rete di individui e soggetti
societari di cui faceva parte il progetto ODM teneva accuratamente
separato il settore operativo da quello finanziario e sarebbe stata
composta in Italia da 26 aziende, che avrebbero trattato
illegalmente nel 1997 qualcosa come 3 mila tonnellate di rifiuti al
giorno per un valore complessivo equivalente di 4.8 milioni di
dollari d’allora, esportando tra l’altro illecitamente i rifiuti in
paesi come Romania, Libano e Venezuela e ricavandone proventi
illeciti che sarebbero stati esportati e ripuliti da compagnie
finanziarie italiane in paesi quali Panama, le Isole Vergini, il
Liechtenstein e l’Irlanda. Tra il 1987 e il 1996, come riportato dal
dossier la rete formata da queste aziende avrebbero avuto rapporti
d’affari con grandi aziende pubbliche e private italiane e con
multinazionali, quali tra le altre: Castalia SpA, Termomeccanica SpA,
Waste Management Tecnologies (WMX) e la Compagnie Generale des Eaux.
La rete di cui ODM faceva parte, a quanto risultava nel 1997, aveva
stabilito un controllo quasi monopolistico nel campo del trattamento
dei rifiuti nell’area tra La Spezia (che è anche porto militare di
grande importanza e polo dell’industria degli armamenti) e Livorno.
Greenpeace attestava che la rete avesse libero accesso al porto di
La Spezia, uno dei maggiori terminal container del Mediterraneo.
[xxx]
Altro personaggio chiave della rete ODM è Filippo Dolfus, azionista
di ODM e collegato alla società svizzera Celtica Ambiente S.A. che
faceva capo al duo Gianlorenzo Binaghi/Arcasio Camponovo. Quest’ultimo
è stato responsabile finanziario di ODM fino al dicembre 1995.
Camponovo è stato presidente del consiglio di amministrazione di
Celtica Ambiente S.A. e nel 1990 uno dei fondatori di Celtica
Ambiente srl a Roma, società di brokeraggio di rifiuti. Celtica
Ambiente srl è stata a sua volta azionista di Profis Italia srl,
facente capo a Camillo Meoli. Queste due società nel 1997 erano a
capofila delle attività italiane della rete nel camp dei rifiuti,
insieme a quelli facenti parte del gruppo di Orazio Duvia ed alla
Jelly Wax di Renato Pent.
Dal dossier di Greenpeace, emergono quindi chiaramente il ruolo non
secondario svolto da Orazio Duvia - che con le sue società (prima la
Sistemi Ambientali e poi la Ipodec) gestiva la discarica di Pitelli
in provincia di La Spezia, porto di partenza della Jolly Rosso, poi
M/N Rosso, con Camillo Meoli (manager della Syntal Italia srl, Asti
Ambiente srl MC srl e MB srl), altro importante anello della rete e
con Giulio Bensaja, altro terminale della rete ODM, amministratore
di Celtica Ambiente. Duvia, prima dell’inchiesta della magistratura
(partita il 28 ottobre 1996 dalla procura della Repubblica di Asti,
Pubblico ministero Franco Tarditi) su Pitelli aveva partecipazioni
in almeno 15 società attive nella raccolta, trasporto e smaltimento
dei rifiuti, oltre a quelle citate, nella Contenitori Trasporti di
Duvia.
- Il WWF Italia, Sezione Liguria e
Legambiente Liguria, presenta il 15 luglio 1997 nel corso di
un’audizione alla Prefettura di Genova alla Commissione bicamerale
sul ciclo dei rifiuti e sulle attività illecite ad esso connesse il
dossier “Rifiuti Connection Liguria”, allegando anche la versione in
italiano (aggiornata al settembre 1997) del dossier di Greenpeace
“La Rete”. Del dossier “Rifiuti Connection Liguria” e dei suoi
numerosi allegati come risulta. dagli atti della Commissione, fu
richiesta la secretazione. Nei documenti prodotti il 15/7/1997
veniva ipotizzato un ruolo centrale della Liguria e in particolare
del porto di La Spezia, porto di provenienza della M/N Rosso,
oggetto dell’inchiesta del settimanale L’Espresso, nel traffico
internazionale via terra e via mare di rifiuti.
In particolare nel dossier si ipotizzava che nelle oltre 15
discariche autorizzate e non e nelle oltre 35 cave poste a corona
dell’area di La Spezia si svolgessero attività difficilmente
controllabili tali da far sospettare, come poi venne accertato nel
caso della discarica consortile di Valle Scura e della discarica di
Pitelli, attività di interramento o di instradamento via mare di
rifiuti pericolosi e radioattivi.
Nel dossier emerge il ruolo centrale di Duvia nella gestione della
discarica di Vallescura (il Pretore di La Spezia condanna i
componenti del CdA per gravi reati ambientali nel 1993 e poi nel
1994) tramite la Valtec, partecipata anche dalla Termomeccanica, e
della discarica di Pitelli, gestita tramite la Sistemi Ambientali e
poi la Ipodec (tutte e due società di Duvia) su cui è ancora aperta
un’inchiesta prima dalla magistratura astigiana, poi trasferita per
competenza alla magistratura spezzina per disastro ambientale.
L'udienza preliminare si è conclusa con l'assoluzione o la
dichiarazione di intervenuta prescrizione per alcuni imputati e con
il rinvio a giudizio degli altri, tra cui Duvia, per i reati di
disastro ambientale, avvelenamento delle acque, corruzione e falso
ideologico. Alcuni imputati di corruzione avevano già definito la
propria posizione richiedendo il giudizio abbreviato, concluso con
la derubricazione del reato e l'applicazione della prescrizione. La
prossima udienza è già fissata nell’autunno di quest’anno.
Dal dossier del WWF e di Legambiente, emergono anche i legami di
Duvia, attraverso la sua Contenitori Trasporti con al società di
brokeraggio Ekoground, coinvolta nei traffici illeciti di rifiuti
via mare verso la Nigeria.
[xxx]
Nel dossier si ricorda come sempre nella stessa relazione conclusiva
del 1996 della Commissione esprima: “la sua più viva
preoccupazione per tutta una serie di episodi che meritano immediati
approfondimenti e che fanno sospettare anche in presenza di ex
uomini di Governo, dell’interesse che alcuni paesi dell’UE avrebbero
per possibili forme di smaltimento illecito di rifiuti pericolosi o
radioattivi. Si segnala, in particolare l’esistenza, documentalmente
provata, di intense attività di intermediazione poste in essere dai
titolari di queste presunte attività di smaltimento in mare di
rifiuti radioattivi e la Somalia, paese notoriamente al centro di
intensi traffici illegali di ogni tipo”.
A proposito del dossier “Rifiuti Connection Liguria”, consegnato il
15 luglio 1997 in occasione dell’audizione resa dalle associazioni
nella Prefettura di Genova, nel primo periodo della “Relazione
Liguria e Piemonte” del 2 luglio 1998 della Commissione Parlamentare
sul ciclo dei rifiuti e sulle attività illecite ad esso connesse,
votata all’unanimità, si rilevava a proposito del dossier consegnato
il 15 luglio 1997 che “La puntualità ed il dettaglio delle
informazioni contenute nel citato rapporto, unitamente ad altri
elementi in possesso della Commissione ed ai primi riscontri con le
autorità giudiziarie della Regione, hanno indotto la Commissione
medesima ad avviare un’approfondita indagine su tutto il territorio
regionale”.
- Sempre il WWF Italia, infine, il 23
febbraio 2004 ha presentato istanza alla Procura della Repubblica
presso il Tribunale di Paola per il riconoscimento quale persona
offesa nel procedimento penale per l’accertamento dei reati in
materia ambientale relativi all’incidente della nave ex Jolly Rosso
oggi Motonave Rosso, verificatosi in data 14 dicembre 1990, nel
tratto costiero compreso tra Amantea e Campora San Giovanni.
3. I nuovi documenti istituzionali
Agli elementi già raccolti dalle associazioni scriventi vanno ad
aggiungersi, oggi, quelli che emergono dalle risposte date in
parlamento dal governo alle interrogazioni parlamentari e alle
interpellanze presentate, in particolare, dagli onorevoli Ermete
Realacci e Michele Vinello e dai senatori Loredana De Petris e Nuccio
Iovene.
Ecco, in sintesi, i passaggi più salienti della nota trasmessa dal
ministro per i Rapporti con il Parlamento, Carlo Giovanardi:
- A proposito dello spiaggiamento
della motonave Rosso e alle analogie fra questa vicenda ed altre
relative allo smaltimento in mare di rifiuti radioattivi o
pericolosi nel Mediterraneo, si legge: Dalle indagini eseguite
dalla Capitaneria di porto di Vibo Valentia sulle cause
‘spiaggiamento’ della nave, o meglio del suo “non riuscito”
affondamento, risulta una similitudine con le modalità che hanno
visto come protagonisti gli equipaggi delle motonavi già menzionate
;
- Sempre con riferimento alla vicenda
della Rosso e alle indagini in corso si afferma quanto segue: Nel
corso delle indagini, volte a verificare la fondatezza di un
presunto traffico di rifiuti tossici è stato evidenziato un
ulteriore scavo nella zona di Serra D’Aiello, comune limitrofo ad
Amantea, da parte delle maestranze della nave. Questa notizia ha
assunto un particolare interesse poiché era già stato autorizzato
l’interramento nella discarica comunale di Grassullo dell’agro
Amantea, del carico ufficiale di bordo. Presso la procura di Paola
le indagini sono ancora in corso in quanto anche sulla base di
riprese videoamatoriali, acquisite dallo stesso ufficio, risulta che
al momento dell’incidente la nave ‘galleggiava’ e, solo in fase
successiva,, presentava un’apertura sulla fiancata;
- [xxx]
- [xxx]
4.
L’inchiesta del settimanale L’Espresso
Altri elementi significativi emergono
dall’inchiesta dell’Espresso, sempre in merito all’incidente della
motonave Rosso:
- sia il titolare della ditta che si
occupò della demolizione della M/N Rosso, Nunziante Cannevale, sia
un sommozzatore incaricato dal Registro Navale Italiano (RINA)
dichiarano di non aver rinvenuto alcuna falla nella fiancata della
nave spiaggiata. Ulteriore riprova viene fornita anche dalle riprese
contenute in una videocassetta amatoriale realizzata a Formiciche
nei giorni immediatamente successivi all’incidente, acquisita agli
atti dalla Procura di Paola;
- lo stesso Cannevale riferisce ai
carabinieri che le ditte intervenute prima della demolizione
incomprensibilmente aprono in una fase successiva, dopo lo
spiaggiamento della Rosso, uno squarcio enorme sulla fiancata
sinistra non visibile da terra e questi rilevano che tale apertura è
servita ”per fare uscire dalla stiva qualcosa di importante e
voluminoso” ;
- nel 1991 viene chiamata dalla
Compagnia Ignazio Messina la società olandese Smit Tak “società
specializzata in bonifiche a seguito di incidenti radioattivi”,
secondo quanto attestato dal procuratore capo di Reggio Calabria,
Franco Scuderi davanti alla Commissione bicamerale sul ciclo dei
rifiuti. Società, che secondo un rapporto dei carabinieri, rinuncia
dopo 17 giorni all’incarico;
- sembrerebbero esistere testimonianze
rese alla Procura di Paola che attesterebbero l’interramento
illegale dei rifiuti provenienti dalla Rosso in almeno due diverse
località (località Grassullo, comune di Amantea, provincia di
Cosenza e in località Foresta, comune di Serra D’Aiello, provincia
di Cosenza);
- Giuseppe Bellantone, comandante in
seconda della Capitaneria di Vibo Valentia, ha testimoniato che già
il 15 dicembre 1990, ad un giorno dallo spiaggiamento, a bordo del
relitto della M/N Rosso si sarebbero presentati “agenti dei
servizi segreti” ed è lui stesso a rinvenire sulla plancia della
motonave documenti che a suo dire, come riporta il settimanale
L’Espresso
[xxx]
- tra le carte che sarebbero state
rinvenute sulla plancia della M/N Rosso, secondo quanto attestato
dal procuratore capo di Reggio Calabria Scuderi, c’era pure una
mappa marittima con evidenziati una serie di siti. La stessa
documentazione, mappa compresa (pubblicata sulle pagine
dell’Espresso), è nella disponibilità dalla magistratura di Paola.
La mappa riporta una lunga lista di nomi di navi affondate nel
Mediterraneo;
- [xxx]
- [xxx]
- [xxx]
- [xxx]
- a proposito delle connessioni tra i
traffici denunciati nel servizio giornalistico e la vicenda di
Ilaria Alpi e Miran Hrovatin, come riportato dall’Espresso che
riferisce: “Un lavoro investigativo con al centro ‘affondamento
di una serie di navi avvenuto nei mari Tirreno e Jonio, ma che al
suo interno racchiude molteplici ragioni d’allarme. Il sospetto
degli inquirenti è che a bordo di quelle navi ci fossero rifiuti
tossici e radioattivi, e che attorno a questa vicenda, legata a
nazioni europee e non, si sia mossa una rete impressionante di
faccendieri, trafficanti d’armi e agenti dei servizi segreti, uomini
di governo e mafiosi. Tutti connessi da affari che in alcuni
passaggi si incrociano con la Somalia e gli eventi che il 20 marzo
1994 sono costati la vita alla giornalista del Tg3 Ilaria Alpi e
all’operatore Miran Hrovatin”.
- [xxx]
5. Le dieci richieste di Legambiente e WWF Italia
Legambiente e WWF Italia sono preoccupate, innanzitutto, per la
situazione in cui è costretta ad operare la procura della Repubblica
di Paola: due dei tre agenti di polizia giudiziaria che erano stati
assegnati dal sostituto procuratore Francesco Greco alle indagini
relative alla vicenda della motonave Rosso sono stati riassegnati alle
loro originarie funzioni. Alla Procura in questione andrebbe, al
contrario, garantito il massimo supporto possibile, anche attraverso
l’immediata ricomposizione del nucleo investigativo di Polizia
giudiziaria e il suo rafforzamento.
Al di là degli aspetti relativi alle indagini giudiziarie ancora in
corso, Legambiente e WWF Italia hanno rivolto dieci proposte
specifiche alle diverse Commissioni parlamentari che a vario titolo
possono svolgere un ruolo attivo in questa vicenda.
- Commissione Parlamentare
d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti e sulle attività illecite ad esso
connesse
1) approfondire in maniera esauriente quanto già conosciuto e
paventato da stessa Commissione sin dal 1996 in relazione
all’esistenza di una rete internazionale per il traffico illecito di
rifiuti speciali pericolosi e radioattivi via mare;
2) verificare quali e quanti altri procedimenti, a partire da quello
in svolgimento a Paola, o indagine giudiziarie siano in corso per
fatti inerenti o comunque collegabili alle vicende del traffico
internazionale di rifiuti;
3) chiedere alla Presidenza del Consiglio, per quanto di sua
competenza relativamente ai compiti di Protezione Civile, al
Ministero dell’Interno e al Ministero dell’Ambiente e della Tutela
del Territorio di compiere un’indagine nelle acque territoriali
italiane per individuare i relitti delle “navi a perdere” e, quindi,
metterle in sicurezza, procedendo laddove possibile al recupero del
relitto e alla bonifica delle aree eventualmente contaminate;
4) impegnarsi affinché sia garantito il massimo sostegno possibile,
di uomini e mezzi, alla procura della Repubblica di Paola, a
cominciare dal reintegro del personale di Pg destinato ad altre
attività, con serie ripercussioni sulle indagini in corso;
5) chiedere al Ministro degli Interni o al Ministero degli Esteri,
se non registrato nel territorio nazionale, ogni intervento utile
per far oscurare il sito web di ODM ancora oggi attivo,
(www.tinet.ch/odm01/start-2.html , mentre la sede legale risulta
essere in via Landriani 7 6900 a Lugano - Svizzera).
- Commissione parlamentare
d’inchiesta sul fenomeno della criminalità organizzata mafiosa o
similare:
6) condurre un approfondimento per verificare su scala nazionale e
internazionale quali sia stato il ruolo della criminalità
organizzata nelle attività di traffico illecito via mare di rifiuti
radioattivi e pericolosi (valorizzando in tal senso l’ottimo lavoro
di analisi già svolto dalla Direzione investigativa antimafia) e di
come questi traffici si intreccino con il traffico di armi;
- Comitato Parlamentare per i
servizi di informazione e sicurezza e per il segreto di stato
7) verificare lo stato di conoscenza presso i servizi d’informazione
e sicurezza dei presunti traffici illeciti di rifiuti riconducibili
alle vicende segnalate in questo dossier nonché ai personaggi
coinvolti
[xxx]
e più in generale al
fenomeno delle cosiddette “navi a perdere”;
- Commissione parlamentare
d’inchiesta sulla morte di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin
8) assumere gli scenari descritti nel servizio giornalistico de
L’Espresso per l’attività di indagine relativa alla vicenda oggetto
dell’attività della Commissione stessa;
9) acquisire tutti i materiali utili alla verifica delle presunte
attività di smaltimento illegale di rifiuti avvenute al largo delle
coste della Somalia nonché durante i lavori di realizzazione della
strada Garoe-Bosaso, in particolare le immagini satellitari relative
all’epoca dei lavori e dei presunti affondamenti in mare, già
denunciati alla commissione parlamentare d’inchiesta sul ciclo dei
rifiuti (vedi punto successivo);
10) appurare cosa risulti alla Commissione bicamerale sui rifiuti
sulla vicenda Alpi/Hrovatin in relazione a quanto accennato nel
servizio giornalistico citato e che riportiamo testualmente quale
estratto dalla Relazione Conclusiva dell’11/3/1996. In detta
Relazione (con riferimento alle segnalazioni di attività sospette di
occultamento in mare di container a Bosaso, pervenute all’ufficio
Unicef, all’Ufficio del dipartimento della Nazioni Unite, e
all’ufficio OMS, tutti con sede a Bosaso) viene rilevato:
“Peraltro la Commissione ritiene doveroso segnalare un’altra
coincidenza: proprio nell’area in questione, e in particolare a
Bosaso, ha svolto i suoi ultimi servizi televisivi prima di essere
uccisa la giornalista della RAI Ilaria Alpi, impegnata secondo
quanto emerso finora, in un’inchiesta giornalistica relativa a
presunti traffici d’armi. Non si tratta peraltro dell’unica
coincidenza emersa al riguardo nelle attività di indagine tutt’ora
in corso”.
[13]
le
attività e le tecniche della "Oceanic Disposal Management Inc."
(O.D.M.)
in merito allo smaltimento dei rifiuti radioattivi sotto i fondali
marini

l' ecomafia dei rifiuti in Italia
|