Il documento presente in questa pagina è
la relazione integrale e originale (escluse le appendici finali e
le note a pie' di pagina) effettuata dalla Sogin per la
localizzazione del sito unico nazionale per la raccolta delle scorie
nucleari.
(elaborato PDN RT 002 - Rev. 0
- Pag. totali 114)
per le appendici finali della relazione integrale
e originale effettuata dalla Sogin
per conoscere il parere su tale studio
espresso dal Presidente del C.N.R. - prof. Carlo Rubbia - in Commissione
Ambiente alla Camera dei Deputati in data 25.11.03
STUDIO PER LA
LOCALIZZAZIONE DI UN SITO PER IL DEPOSITO NAZIONALE CENTRALIZZATO DEI
RIFIUTI RADIOATTIVI
SOMMARIO
1
-
Premessa
2 -
Indirizzi
istituzionali
3 -
Studi e ricerche pregresse in ambito nazionale
4 -
Criteri generali di sicurezza
5 -
Recuperabilità
dei rifiuti radioattivi
6 -
Inventario dei
rifiuti radioattivi di II categoria
7 -
Inventario dei
rifiuti radioattivi di III categoria
8 -
Metodologia di selezione di un sito profondo in
formazione salina
9 -
Applicazione
della procedura della selezione del sito
10 -
Caratteristiche
sismiche e gro-idrologiche del sito di Scanzano Jonico
11 -
Caratteristiche
ambientali e territoriali dell'area di Scanzano Jonico
12 -
Piano
preliminare di validazione della scelta del sito
13 -
Conclusioni
10 CARATTERISTICHE SISMICHE E GEO-IDROLOGICHE DEL SITO DI SCANZANO
JONICO
10.1 Sismicità
In base a quanto illustrato si può affermare che l’area nella
quale ricade il sito di Scanzano Jonico non è di per sé sismogenetica,
anche se può essere occasionalmente interessata dai risentimenti di
forti terremoti lontani che hanno origine nell’area appenninica ed
ellenica.
La “Mappa delle massime intensità macrosismiche osservate nei comuni
italiani” pubblicata congiuntamente dall’Istituto Nazionale di
Geofisica (INGV), Gruppo Nazionale Difesa dai Terremoti (GNDT) e
Servizio Sismico Nazionale (SSN) indica per il territorio del comune
di Scanzano un valore della massima intensità risentita pari al VII
MCS (caduta di suppellettili, suono di grosse campane, lievi
incrinature nelle pareti, caduta di intonaci, rottura di comignoli)
come risulta dalla mappa riportata nella figura 10.1.
I maggiori risentimenti nell’area sono dovuti al terremoto della
Basilicata del 1857 con epicentro, a circa 60 km di distanza,
nell’area di Montemurro e con intensità epicentrale dell’XI MCS .
L’area del comune di Scanzano, secondo la normativa italiana (Legge
02.02.74 n. 64 e successivi decreti) è stata classificata come “non
sismica” sino al marzo 2003, anche se nella proposta di
riclassificazione del 1980 (CNR Progetto Finalizzato
Geodinamica:”Proposta di riclassificazione sismica del territorio
nazionale”) veniva consigliato l’approfondimento degli studi tettonici
e sismologici per meglio valutare la sua potenzialità sismica.
Con la recente ordinanza N. 3274 del 20 marzo 2003 della Presidenza
del Consiglio dei Ministri l’area di Scanzano Jonico è stata
classificata come “sismica di III categoria”, la più bassa delle tre
categorie sismiche previste dalla classificazione italiana.
Ai fini della valutazione degli effetti dei terremoti sul deposito è
molto importante porre in evidenza che la soluzione adottata
(ubicazione in sotterraneo circa 800 m al disotto del piano campagna)
contribuisce a limitarli notevolmente. Infatti tutta la bibliografia
scientifica è concorde nel riconoscere le notevoli riduzioni di
ampiezza delle onde sismiche con la profondità.
10.2 Principali caratteristiche geologiche
Sepolto sotto oltre 700 metri di sedimenti più recenti, il corpo
salino di Scanzano, situato in prossimità della foce del fiume Cavone,
è stato scoperto negli anni cinquanta nel corso delle prospezioni
eseguite dall’Agip in Basilicata per la ricerca di idrocarburi e
successivamente indagato in maggior dettaglio allo scopo di valutare
la fattibilità economica dello sfruttamento del salgemma.
Le indagini eseguite hanno permesso di accertare che la lente di sale
(salgemma purissimo) è in realtà costituita da due corpi salini
sovrapposti; la ricostruzione della sequenza stratigrafica mostra, al
di sotto di circa 60 metri di depositi alluvionali recenti, una
sequenza di depositi prevalentemente argillosi di età plio-quaternaria,
a cui fanno seguito i due strati di salgemma, separati da uno strato
di marne argillose (figure 10.2 e 10.3). Al di sotto del sale, secondo
i dati delle perforazioni petrolifere circostanti, si incontrano
sedimenti argillosi miocenici, poggianti su argille più recenti
(Pliocene) in posizione autoctona; i calcari della piattaforma apula
sono stati incontrati a circa 2 km e mezzo di profondità
(interpolazione tra i pozzi Recoleta 1 e San Basilio 1) (figura 10.4).
L’idoneità dei depositi salini ad ospitare depositi di rifiuti
pericolosi è da tempo nota in tutto il mondo, e deriva dalle peculiari
caratteristiche fisico-meccaniche del salgemma.
Mentre infatti le altre rocce, a profondità non elevate, mostrano
caratteristiche fragili (se sottoposte a sollecitazioni si deformano
debolmente e, oltre un certo livello, si fratturano), il sale mostra
uno spiccato comportamento duttile (se sottoposto a sollecitazione si
deforma in modo irreversibile e la deformazione aumenta al passare del
tempo); in sostanza, il sale più che come un solido si comporta come
un fluido estremamente viscoso.
In questo modo, mentre le altre rocce (come il granito) sviluppano al
loro interno una rete di fratture, che possono permettere il transito
alle acque di falda e la conseguente mobilizzazione di materiale
pericoloso, nel sale il processo di fratturazione è contrastato dalla
sua plasticità; anche le microfratturazioni che si sviluppano in
conseguenza degli scavi eseguiti al suo interno vengono rapidamente
“riassorbite”.
In tal modo, la permeabilità della massa salina è di vari ordini di
grandezza inferiore a quella di tutte le altre rocce, argille
comprese.
Il giacimento di salgemma di Scanzano Jonico è legato agli eventi
geodinamici che, tra i cinque ed i sei milioni di anni fa, alla fine
del periodo geologico chiamato Miocene, portarono al completo
isolamento del Mediterraneo dall’Oceano Atlantico.
La conseguente forte evaporazione delle acque marine si tradusse in un
accumulo sui fondali dei sali in esse contenuti (principalmente gesso
e salgemma).
Oggi questi depositi si rinvengono, in affioramento o sotto sedimenti
più recenti, lungo i margini della catena appenninica.
Con il ripristino del collegamento fra Mediterraneo ed Oceano
Atlantico, il mare a salinità normale tornò ad invadere l’area,
depositando al di sopra dello strato salino ingenti spessori di
sedimenti argillosi. Successivamente la migrazione del fronte della
catena a falde appenninica verso la Puglia provocò la traslazione
dell’intera sequenza basamento pre-salino – sale – argille verso
nord-est e il suo conseguente accavallamento sulle argille plioceniche
“autoctone”, poggianti su di una spessa piastra di calcari mesozoici
(Piattaforma carbonatica Apula), che sono la diretta continuazione in
profondità di quelli affioranti sulle Murge.
Come detto in precedenza, nell’area in esame questi movimenti di
accavallamento tettonico verso la Puglia si sono progressivamente
arrestati nel corso del Pleistocene inferiore per il concentrarsi dei
movimenti di impilamento della catena in posizione più arretrata, cioè
più sudoccidentale (estrusione di thrust in fuori sequenza). Da tale
periodo (circa 600.000 anni fa) fino ad oggi l’area è stata
interessata soltanto da residui movimenti verticali d’insieme. Questi
ultimi hanno portato, circa 250.000 anni fa, ad una prima emersione
dal mare di questa zona. Da questo momento l’interazione tra questo
continuo sollevamento e le oscillazioni glacioeustatiche del livello
marino ha generato una successione di superfici terrazzate (sia marine
che fluviali) che costituiscono l’attuale carattere geomorfologico più
evidente di quest’area. Sono stati riconosciuti almeno 6 o 7 (9-10 a
sud del F. Sinni; Amato et Al., 1997) ordini di terrazzi marini
(figura 10.5) a testimonianza di altrettante antiche linee di costa
ormai sollevate rispetto all’epoca della loro formazione (la più alta
e più antica si trova ad oltre 260 m s.l.m. nei pressi di
Montalbano Jonico). La datazione di tali linee di costa permette di
stimare tassi di sollevamento compresi tra 0,4 e 1,6 mm/anno,
progressivamente decrescenti procedendo da SO verso NE (tilting
dell’intera successione verso NE).
A questi terrazzi è legata la deposizione di sottili coltri di
depositi clastici (da sabbie fini a ghiaie, talvolta leggermente
cementate) che ricoprono i precedenti sedimenti argillosi. Sulla
verticale del giacimento salino sono presenti in superficie le più
recenti di queste coltri di depositi, legate all’evoluzione olocenica
della linea di costa e dei corsi d’acqua della zona (ultimi 10.000
anni).
10.3 Caratteristiche idrogeologiche
La stessa attuale esistenza del salgemma (composto altamente solubile
in acqua) nel sottosuolo testimonia la pressoché totale assenza di una
circolazione di acque sotterranee a quelle profondità che altrimenti
ne avrebbe causato la progressiva dissoluzione. Tale assenza di
circolazione è ben giustificata dalla presenza a tetto e a letto del
giacimento salino, di rilevanti spessori di sedimenti a bassissima
permeabilità, prevalentemente argillosi. Tali sedimenti si comportano
da acquicludi, isolando il sale dagli acquiferi profondi o
superficiali presenti nell’area. Il principale acquifero profondo è
costituito dalle rocce carbonatiche della piattaforma apula che come
detto si trovano a circa 2500 m di profondità; quelli superficiali
sono invece costituiti dalle citate coltri di depositi clastici del
Pleistocene medio-superiore che coprono i sedimenti argillosi.
10.4 Rischio idraulico
Un’analisi del rischio idraulico della zona è stata eseguita
recentemente dall’Autorità Interregionale di Bacino della Basilicata
nel suo Piano Stralcio per la difesa dal Rischio Idrogeologico (PAI –
Aggiornamento 2003). Utilizzando la metodologia "Analisi di frequenza
delle portate al colmo di piena" VAPI, (Valutazione delle Piene in
Italia GNDCI-CNR), il Piano ha definito le aree a rischio di
inondazione nelle ipotesi di eventi con tempo di ritorno di 200 anni.
In figura 10.6 è rappresentata l’estensione di tali aree per la parte
terminale del F. Cavone che interessa l’area al di sopra del
giacimento salino.
10.5 Tabelle e figure
Figura 10.1 – Massime intensità macrosismiche
osservate nei comuni italiani.
Figura 10.2 – Sezione geologica schematica del
sito.
Figura 10.3 – Sequenza stratigrafica del sito.
Figura 10.4 – Ricostruzione tridimensionale
dell’area calabro-ionica.
Figura 10.5 – Carta morfotettonica dell’area (da
Bianca & Caputo, 2001).
Figura 10.6 – Carta delle aree soggette a
rischio idraulico nella zona di Scanzano Jonico.
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