I cittadini e l’accesso alle
informazioni e ai procedimenti decisionali in materia di ambiente
Il diritto di accesso alle informazioni e
la partecipazione ai processi decisionali nella materia ambientale è
ormai sancito da moltissime convenzioni, atti e leggi sia a livello
nazionale che internazionale.
Questo diritto nasce sulla base di un riconoscimento da parte della
comunità internazionale del ruolo che i cittadini, sia come singoli
che all’interno di associazioni sono chiamati a svolgere nella
protezione dell’ambiente.
La previsione di tale partecipazione ha così permesso che si
concretizzasse in un diritto inalienabile che tutti gli Stati sono
tenuti a riconoscere e garantire ai propri cittadini.
Così se a livello internazionale si riconosceva e ribadiva che le
questioni ambientali sono trattate meglio con la partecipazione di
tutti i cittadini interessati (Rio de Janeiro 1992), a livello
nazionale ciascun cittadino deve avere un adeguato diritto di accesso
alle informazioni riguardanti l’ambiente detenute dalle autorità
pubbliche e l’opportunità di partecipare al processo decisionale.
Gli Stati hanno quindi il dovere di facilitare e incoraggiare tale
conoscenza rendendo le informazioni accessibili e prevedere che vi sia
la possibilità rimediare al diniego con un reale accesso alla
giustizia.
1.
Principali
normative sul diritto di accesso alle informazioni e partecipazione al
processo decisionale
2. Il diritto di
informazione in materia di ambiente
3.
Il diritto di
partecipazione al processo decisionale
4.
La Convenzione
di Aarhus sull’accesso alle informazioni e la partecipazione del
pubblico in materia di ambiente
4. La Convenzione di
Aarhus sull’accesso alle informazioni e la partecipazione del pubblico
in materia di ambiente
Il testo normativo internazionale più
importante degli ultimi anni in materia è senza dubbio la
Convenzione sull’accesso alle informazioni, la partecipazione del
pubblico al processo decisionale e l’accesso alla giustizia in materia
di ambiente, firmata a Aarhus in Danimarca, il 25 giugno 1998.
Il Preambolo della Convenzione di Aarhus ricorda espressamente il
principio 1 della
Dichiarazione di Stoccolma del 1972 che riconosce “che una protezione
adeguata dell’ambiente è essenziale al benessere dell’uomo così come
al godimento dei diritti fondamentali, compreso lo stesso diritto alla
vita”. È stabilito, quindi, un legame concettuale tra il diritto
sostanziale e procedurale all’ambiente nella considerazione che “i
cittadini devono avere accesso alle informazioni, essere legittimati a
partecipare ai processi decisionali e all’accesso alla giustizia in
materia di ambiente” al fine di “essere in grado di far valere” il
loro diritto a vivere in un ambiente salubre e di “liberarsi” dal
concomitante dovere di proteggere e migliorare l’ambiente
nell’interesse delle generazioni presenti e future”. L’articolo 1
della Convenzione, tra gli obiettivi, recita in proposito:
“al fine di contribuire a proteggere il diritto di ciascuno, nelle
generazioni presenti e future, a vivere in un ambiente consono ad
assicurare la salute e il benessere, ogni parte garantisce il diritto
di accesso alle informazioni, la partecipazione al processo
decisionale e l’accesso alla giustizia in materia di ambiente, in
conformità con le disposizioni della presente Convenzione”.
Il riconoscimento nella Convenzione di Aarhus di un diritto
sostanziale ad un ambiente salubre sottintende le disposizioni
operative relative all’attuazione dei diritti procedurali in materia
di accesso alle informazioni, la partecipazione al processo
decisionale e l’accesso alla giustizia, rafforzando la base giuridica
e filosofica di tali diritti. Le disposizioni del preambolo e
dell’introduzione accentuano il fatto che tali diritti non solo fini a
se stessi, ma sono importanti come mezzi per raggiungere l’obiettivo
ultimo che è la piena realizzazione di un diritto fondamentale
dell’essere umano a vivere in un ambiente salubre. La formulazione
scelta evita di specificare l’esatto contenuto del diritto ad un
ambiente salubre che qualcuno aveva considerato una missione
impossibile.
La Convenzione di Aarhus è considerato il primo trattato
multilaterale in materia di ambiente il cui obiettivo principale è di
imporre alle parti contraenti obblighi verso i propri cittadini.
Da ciò, deriva una stretta affinità tra questa nuova convenzione e le
disposizioni di diritto internazionale relative alla protezione dei
diritti dell’uomo, Questa affinità appare ugualmente dall’esame delle
disposizioni della Convenzione relative alle procedure di controllo
del rispetto delle obbligazioni, disposizioni quindi che, per la prima
volta in diritto internazionale dell’ambiente consentono la
possibilità di istituire un meccanismo di ricorso accessibile non
soltanto agli Stati contraenti, ma anche agli individui e alle
organizzazioni non governative. L’articolo 15 prevede l’ulteriore
adozione, dalla riunione delle parti contraenti, di “assestamenti” per
esaminare il rispetto delle disposizioni della Convenzione, che
dovranno permettere “una partecipazione appropriata del pubblico” e
potranno eventualmente “prevedere la possibilità di esaminare
comunicazioni di membri del pubblico relative a questioni aventi un
rapporto con” la Convenzione.
Bisogna notare che l’espressione “questioni aventi un rapporto con la
presente convenzione”, così come prevista dall’articolo 15, può essere
considerata relativamente ampia e potrebbe essere interpretata come
riferita non soltanto alle violazioni dei diritti procedurali
specifici garantiti dalla convenzione, ma anche alle questioni
relative alla realizzazione del diritto sostanziale ad un ambiente
salubre riconosciuto come finalità della convenzione ed in particolare
del suo articolo 1.
La Convenzione di Aarhus, ratificata dalla Repubblica italiana con
L. 16 marzo 2001 n. 108 è in vigore dal mese di ottobre 2001, data in
cui è stato raggiunto il numero minimo di ratifiche previsto
dall’accordo.
La definizione di informazione ambientale contenuta nella Convenzione
è intenzionalmente di ampia portata ed è suddivisa in tre parti: lo
stato degli elementi dell’ambiente; fattori ambientali, attività e
misure; lo stato della salute e della sicurezza umana, le condizioni
della vita umana, i luoghi culturali e le strutture.
E’, pertanto, compresa in tale concetto qualsiasi informazione
disponibile in forma scritta, visiva sonora o contenuta in banche dati
circa lo stato delle acque, dell’aria, del suolo, della fauna, della
flora, del territorio e degli spazi naturali, degli organismi
geneticamente modificati, nonché quelle riguardanti sostanze, energie,
rumori o radiazioni, accordi ambientali, pratiche, legislazioni,
piani, programmi che influenzano o potrebbero influenzare l’ambiente.
La Convenzione, oltre ad ampliare l’ambito oggettivo della direttiva
90/313 ne precisa il quadro soggettivo, riconoscendo espressamente,
per la prima volta nel diritto internazionale, il ruolo delle
associazioni di protezione ambientale non governative ed il loro
diritto ad accedere alle informazioni sullo stato dell’ambiente.
La libertà a conoscere di ogni informazione in materia di ambiente è
sancita in modo
definitivo dalla Convenzione che a differenza di tutte le normative
precedenti, sancisce anche il diritto a partecipare alle procedure
decisionali e ne formalizza i principi.
Quindi, di ogni attività “particolare” (così dice la Convenzione
nei considerata) che si voglia approvare deve essere informato
adeguatamente e per tempo il pubblico interessato tramite
pubblicazione, affissione o comunque un modo chiaro di conoscenza.
Le informazioni, dice ancora la Convenzione, devono riguardare non
solo l’attività oggetto di procedimento, ma anche la natura delle
decisioni, l’autorità pubblica investita del progetto, i tempi di
inizio delle procedure, le possibilità di partecipazione del pubblico
e la data e il luogo di ogni audizione pubblica prevista.
Per tutta la durata della procedura decisionale è prevista la
partecipazione del pubblico che dovrà essere convocato in audizione
nelle forme e tempi atti ad assicurargli tale partecipazione
effettivamente.
L’effettività della partecipazione che, come visto, deve essere
assicurata dallo Stato membro come obbligo, diventa ancora più
importante quando consideriamo che il pubblico deve cominciare la sua
partecipazione davvero all’inizio della procedura decisionale, ovvero,
dice la Convenzione, “allorquando tutte le opzioni e le soluzioni sono
ancora possibili e il pubblico può esercitare una reale influenza”.
La forza della partecipazione, vediamo, sta proprio nel poter
intervenire effettivamente quando la discussione sta iniziando, anzi
ancora di più, per la Convenzione il cittadino interessato dovrebbe
essere un interlocutore privilegiato per l’organo decisore e la
decisione dovrebbe anche dare essere espressione del sentimento comune
della comunità.
Questa è la vera finalità della Convenzione di Aarhus, ribaltare
completamente il piano e far sì che non vi siano più decisioni su
modifiche ambientali che anche i cittadini non abbiano concordato o,
almeno, conosciuto in ogni particolare.
Così il cittadino può compiere osservazioni, analisi, dare opinioni,
avere e dare informazioni sull’attività proposta e l’organo decisore
al momento della decisione la accompagna con le motivazioni e
considerazioni sulla base delle quali è fondata.
La Convenzione partendo, quindi, dal principio per cui le persone
devono essere informate delle attività che potrebbero arrecare un
danno o comunque effetti sull’ambiente in cui vivono, va tanto oltre e
riconosce che tale principio diventa un diritto garantito per legge e
che ogni amministratore pubblico deve garantire.
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