Cosa è il Trattato di Non
Proliferazione Nucleare (TNP)?
Il Trattato di Non Proliferazione (TNP)
fu sottoscritto il 1 luglio 1968 ed entrò in vigore il 5 marzo 1970.
Il TNP proibisce agli stati firmatari che non disponessero di
armamenti nucleari ("stati non-nucleari"), di ricevere o
fabbricare tali armamenti o di procurarsi tecnologie e materiale
utilizzabile per la costruzione di armamenti nucleari. Inoltre il
trattato proibisce agli "stati nucleari" firmatari di cedere a
stati non-nucleari, armi nucleari e tecnologie o materiali utili alla
costruzione di queste armi. Inoltre il trasferimento di materiale e
tecnologie nucleari, da utilizzarsi per scopi pacifici, deve, secondo
il trattato, avvenire sotto lo stretto controllo dalla IAEA (Agenzia
Internazionale per l'Energia Atomica). Il TNP ha contribuito in
modo determinante a limitare la diffusione delle armi nucleari.
[1]
Il TNP è costituito da un preambolo
e da 11 articoli.
Sulla base di tali disposizioni, con un sistema analogo a quello
adottato dallo Statuto dell’ONU, l’obiettivo della non proliferazione
viene fondato su due approcci teorici distinti: il disarmo ed
il controllo della crescita degli armamenti. Il primo, da un
punto di vista strategico, parte dal presupposto che l’esistenza degli
armamenti non è una conseguenza, ma la causa principale di insicurezza
e dei conflitti. Secondo questo approccio con una riduzione o, meglio
ancora, con l’eliminazione degli armamenti su scala planetaria si
otterrebbe una assenza di conflitti. E’ tuttavia evidente che, a
fronte della perdurante anarchia della Comunità internazionale dovuta
all’inesistenza di un’autorità effettivamente in grado di dirimere le
singole controversie, il disarmo dà luogo al c.d. "dilemma della
sicurezza". Ogni Stato, in assenza di solide garanzie internazionali,
percepisce infatti come minacce le misure adottate in funzione
difensiva dagli Stati confinanti, optando per il mantenimento del
proprio arsenale. Al contrario, il controllo della crescita degli
armamenti si basa su un approccio diverso. Partendo dal principio che
le radici e la natura stessa dei conflitti sono talmente forti da non
poter essere eliminati, si ritiene che l’esistenza degli arsenali
militari non sia la causa, ma piuttosto l’effetto delle tensioni
internazionali. Nondimeno, si riconosce che una crescita incontrollata
degli armamenti può contribuire a far sfociare una semplice crisi in
un conflitto internazionale, sicché il controllo di tale crescita mira
a mantenere il livello di crisi sotto la soglia di pericolo.
I due approcci teorici esaminati, apparentemente contraddittori,
diventano complementari nell’art. 6 del TNP, chiarendo i fondamenti
del Trattato ed il suo duplice obiettivo di scongiurare la
proliferazione sia in senso "orizzontale" che "verticale".
Il successo del TNP è testimoniato dal numero record di adesioni e
dalla recente decisione di prorogarlo a tempo indeterminato e senza
condizioni. Dall’entrata in vigore del TNP, si è creato un sostanziale
regime di non proliferazione con il risultato di contenere la
diffusione delle armi nucleari anche oltre le aspettative iniziali. Un
eccessivo ottimismo sarebbe però fuori luogo. In effetti, l’analisi
strategica della situazione contemporanea evidenzia un quadro molto
più complesso e non così rassicurante. Anzitutto vi è il problema dei
Paesi rimasti al di fuori del TNP: sono pochi, ma dotati di grande
peso politico e militare a livello regionale. [2]
Un numero sempre maggiore di stati è arrivato a percepire la
proliferazione nucleare come antitetica agli interessi della
collettività degli stati e all'ordine globale. Inoltre un numero
sempre maggiore di stati non-nucleari ha accettato il carattere
intrinsecamente discriminatorio (tra "stati nucleari" e "stati
non-nucleari") del trattato, perchè ha riconosciuto che i progetti di
costruzione di armamenti atomici sono contrari ai propri specifici
interessi, oltre che agli interessi globali.
D'altra parte un numero assai limitato di stati ha intrapreso, a
vario livello, attività connesse allo sviluppo di armamenti nucleari:
molte di queste attività sono state abbandonate o sono state comunque
tenute sotto controllo. Questo comunque non ha impedito che,
intorno al regime di non-proliferazione, si stabilisse un vasto
consenso internazionale, come dimostra l'alto numero di stati aderenti
al trattato stesso.
Quelli che seguono sono alcuni dati in proposito:
- Stati nucleari, ufficialmente
riconosciuti come tali dal Trattato
Questi sono, secondo la definizione stessa del TNP, Stati Uniti,
Russia (come stato successore dell'ex-URSS), Gran Bretagna, Francia
e Cina. I primi tre stati sono membri del TNP dall'inizio, mentre
gli ultimi due stati hanno aderito al TNP nel 1992. Inoltre
provvisoriamente armi nucleari strategiche sono presenti sul
territorio di tre altre Repubbliche dell'ex-URSS (Bielorussia,
Kazakistan e Ucraina) ma queste Repubbliche hanno già aderito al TNP
come stati non-nucleari. Questo implica che, in un periodo limitato
di tempo, tutte le armi nucleari dell'ex-URSS, collocate fuori dal
territorio della Federazione Russa, dovranno essere rilocate nella
stessa Federazione Russa.
- Stati, non membri del TNP,
divenuti nucleari dopo l'inizio di validità del TNP (1970)
Dal 1970 ad oggi, un solo nuovo stato nucleare (Israele) sembra aver
costruito una forza nucleare dotata di un consistente numero di
testate. Un altro stato non membro del trattato ha esploso un'arma
nucleare (India, 1974) e si sospetta che un terzo stato non-membro
(Pakistan) sia entrato in possesso di armi nucleari. Questi nuovi
stati nucleari (se tali sono) non si dichiarano ufficialmente tali.
Questo può essere considerato una diretta conseguenza
dell'affermarsi del regime di non-proliferazione nucleare, che ha
attribuito una caratterizzazione fortemente negativa agli stati che
contribuiscono direttamente alla proliferazione nucleare. Anche se
la creazione di stati neo-nucleari rappresenta una violazione del
regime di non-proliferazione (e quindi una "sconfitta" subita dai
paesi membri del TNP), c'è da considerare la relativamente limitata
dimensione di questa violazione, avvenuta in un periodo di tempo di
25 anni.
- Tentativi rientrati di
proliferazione nucleare da parte di stati non-membri del TNP
Dal 1968 ad oggi uno stato inizialmente non-membro (Sud Africa) ha
costruito alcune testate nucleari (6) che ha successivamente
smantellato, aderendo infine al trattato come stato non-nucleare
(1991). I tentativi di Argentina e Brasile (fino a poco fa entrambi
stati non-membri del TNP) di costruire armamenti nucleari sono
stati, a quanto risulta, abbandonati. Inoltre questi due stati hanno
aderito al trattato di Tlatelolco, che stabilisce la creazione di
una zona denuclearizzata in tutta l'America latina. Infine il
recente accordo tra Stati Uniti e Corea del Nord ha buone
prospettive di rappresentare il punto di svolta per l'inizio dello
smantellamento delle potenzialità nucleari del paese asiatico
(anch'esso sospettato di avere qulache testata o di essere in
procinto di costruirne alcune).
- Tentazioni nucleari tra gli stati
membri del TNP
Algeria, Iraq, Iran (come pure la Corea del Nord) sono stati
sospettati a vario titolo di svolgere attività connesse a progetti
nucleari. Le attività dell'Iraq sono state, come è noto, bloccate
militarmente (bombardamento israeliano ad Osiraq nel 1981 e attacchi
durante la guerra del Golfo). Il caso dell'Iraq è l'unico caso in
cui attività contrarie al trattato di non-proliferazione sono state
oggetto di specifiche azioni militari.
- Aumento del numero di stati
firmatari del TNP
Tra i trattati multilaterali sul controllo degli armamenti, il TNP è
quello che ha il maggior numero di firmatari: è quasi un trattato
universale. Tra gli stati che non hanno ancora (per ora) aderito al
trattato si segnalano: Brasile, India, Israele, Pakistan. Molte
importanti adesioni sono giunte negli ultimi anni, tra cui: Francia,
Cina, gli stati ex-sovietici. In totale 5 stati hanno aderito nel
1991, 11 nel 1992, 6 nel 1993 portando il totale dei firmatari a 163
nel 1993. In conclusione si può dire che il livello di consenso
internazionale intorno al TNP è sensibilmente e costantemente
cresciuto dal 1968 ad oggi.
[3]
Una potente spinta al rafforzamento del regime di non
proliferazione è venuta inoltre dalle iniziative di disarmo delle 2
superpotenze nucleari (Stati Uniti e Russia). I Trattati START I
e II sulla riduzione delle armi strategiche, la proroga a tempo
indefinito del TNP e la messa a punto del CTBT sono tutti elementi
che contribuiscono a diminuire l’enfasi sull’opzione nucleare. Le
priorità più urgenti sembrano quindi attualmente riguardare
l’effettiva e regolare esecuzione degli impegni previsti dai
Trattati già in vigore, piuttosto che l’assunzione di nuove
obbligazioni. [4]
Secondo l' ONU, le nazioni che
dispongono delle capacità tecniche per sviluppare armi nucleari sono
attualmente 44. Gran parte di questi Paesi, almeno 35, hanno
ricevuto la tecnologia, direttamente o indirettamente, da Washington
(sono quelli segnalati con l'asterisco): Algeria*, Argentina*,
Australia*, Austria*, Bangladesh*, Belgio*, Brasile*, Bulgaria,
Canada*, Cile*, Cina*, Colombia*, Corea del Nord, Corea del Sud*,
Egitto*, Finlandia*, Francia*, Gran Bretagna*, Germania*, Giappone*,
India*, Indonesia*, Iran*, Israele*, Italia*, Messico*, Norvegia*,
Olanda*, Pakistan*, Peru*, Polonia, Repubblica del Congo*, Romania,
Russia, Slovacchia, Spagna*, Stati Uniti*, Sud Africa*, Svezia*,
Svizzera*, Turchia*, Ucraina, Ungheria, Vietnam. [5]
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definizione?
http://www.uspid.dsi.unimi.it/doc/TNP/node1.html
[1] [3]
http://www.comitatoatlantico.it/files/tnp.html
[2] [4]
http://italy.peacelink.org/mosaico/articles/art_3929.html
[5]
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